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22 Apr, 2016

“Così i curdi siriani hanno abbandonato Marx per mio padre”

Claudio Gallo, La Stampa

La figlia del filosofo americano Murray Bookchin “Niente lotta di classe, tutto il potere alle assemblee locali. A Kobane si sperimenta la vera democrazia”

Debbie non è solo la figlia di Murray Bookchin, il teorico del comunalismo. Scrittrice e giornalista, ha pubblicato un libro scottante sul vaccino anti-polio americano infettato da un virus potenzialmente cancerogeno, tra gli Anni 60 e 80. Ma, certo, è anche la figlia di suo padre, appassionata curatrice dell’eredità intellettuale del filosofo, figlio di ebrei russi emigrati in America.

Dal leader del Pkk Abdullah Öcalan ai curdi di Kobane, tutti hanno abbandonato Marx per suo padre: che cos’è il comunalismo?
«Il comunalismo è l’idea che la democrazia funzioni meglio quando i cittadini decidono insieme in assemblee locali. Si guardano in faccia e discutono di argomenti importanti per la comunità, inviano delegati revocabili ai consigli regionali. Il potere resta a livello locale e non è mai trasferito allo Stato-nazione. Mio padre vedeva nelle assemblee la possibilità di formare un senso di cittadinanza sempre più illuminato. La gente dovrebbe reclamare la politica come qualcosa che si pratica invece di votare per qualcuno e sperare in bene. Il comunalismo comprende ciò che mio padre chiamava una “economia morale”, in cui la gente decide insieme sull’uso delle risorse naturali per la produzione economica, avendo in mente l’impatto ambientale».

Una visione senza denaro né mercato: com’è possibile?
«Oggi diamo il capitalismo per scontato, ma non è un comandamento di Dio. Nella maggior parte della storia le società hanno funzionato senza. Come mio padre ha sottolineato per la prima volta negli Anni 60, la rotta di collisione del capitalismo con la natura minaccia la sopravvivenza della nostra specie. La sua logica “cresci o muori” impone un incessante sfruttamento delle risorse naturali. La crescita rapace e l’individualismo, a cui ha dato vita, hanno portato al riscaldamento globale che rischia di rendere il pianeta inabitabile per i nostri nipoti. Per ciò che riguarda il denaro, ci sono molti esempi nella storia di persone che hanno lavorato insieme per il bene della società senza doverlo usare: dalle società primitive ai grandi kibbutz israeliani. Il comunalismo crede che, in una società libera, ognuno contribuisca al benessere della società con le sue differenti abilità, interessi e desideri».

Com’è arrivato il comunalismo tra i curdi?
«Quando Abdullah Öcalan fu condannato all’ergastolo, l’avvocato gli portò in prigione molti libri, tra cui alcuni di mio padre tradotti in turco, come L’ecologia della libertà e From Urbanization to Cities (Dall’urbanizzazione alle città). Öcalan era diventato scettico sul marxismo-leninismo che aveva portato a trent’anni di guerra con lo stato turco. Così si convinse che, abbracciando le idee di mio padre, i curdi avrebbero potuto raggiungere l’autogoverno e una vera democrazia, anche dentro ai confini turchi. Con il concetto di confederalismo democratico, Öcalan ha incorporato il pensiero di mio padre, ma poi ha aggiunto idee originali, specialmente l’enfasi sul ruolo delle donne».

Cosa rimproverava suo padre a Marx?
«Mio padre aveva un enorme rispetto per Marx, ma per lui il marxismo contemporaneo viveva nel passato. La “analisi di classe” e le tattiche impiegate dai rivoluzionari negli Anni 30 andavano superate. Bisognava capire perché i lavoratori non avevano fatto la rivoluzione. Respingeva la visione del proletariato come “classe egemonica”. Per lui il cambiamento sociale poteva avvenire soltanto appellandosi alla gente, ai cittadini in quanto parte di comunità che non cercano solo l’eguaglianza economica ma anche aria e acqua pulite, cibo sano, e la fine di tutte le forme di gerarchia e oppressione: razza, etnia, genere… Aveva visto che in Europa Orientale il socialismo non aveva portato la libertà. Credeva che il potere dovesse essere decentralizzato e portato a livello municipale, non consegnato a un partito centralizzato».

Perché i curdi sarebbero così importanti?
«Nel Rojava (l’area curda della Siria ndr) è stata creata una società dove le donne e gli uomini di qualsiasi etnia o religione lavorano insieme per tracciare il futuro delle comunità. La pianificazione economica è attenta all’ecologia, si pratica la forma più democratica di governo esistente, pur in condizioni di guerra. Un esempio affascinante».

Nel 2015, i curdi siriani sono stati accusati da Amnesty si aver demolito le case degli arabi..
«Seguire i progressi del progetto sociale nel Rojava è entusiasmante, tuttavia in condizioni di guerra si compiono errori, che vanno riconosciuti e corretti. Le prove raccolte sollevarono però alcuni dubbi, tra cui la veracità di certe interviste e alcuni aneddoti che non furono confermati. Molti pensano che quei fatti indeboliscano la credibilità del rapporto».

Curdi comunalisti e Washington insieme contro l’Isis: non è una strana alleanza?
«Dovrebbe essere una coalizione naturale, visto che gli Usa e la Ue si presentano come campioni della democrazia. L’Occidente riconosce che i curdi sono i suoi migliori alleati contro l’Isis, teme però che la Turchia spalanchi le porte agli emigranti verso l’Europa. Così si è piegato ai turchi e ha escluso i rappresentanti del Rajava dai colloqui di Ginevra sul futuro della Siria. Hanno chiuso un occhio sul sostegno di Ankara all’Isis e sui bombardamenti turchi delle città curde del Sud-Est, dove, con la pretesa di cercare i terroristi del Pkk, i militari hanno ucciso centinaia di civili innocenti, compresi bambini. Se credessero davvero alla democrazia, americani ed europei dovrebbero invitare i rappresentanti del Rojava a Ginevra e incoraggiare l’espansione del suo modello in Siria. Sarebbe un modo per favorire una soluzione pacifica e democratica che permetta alla gente di rimanere a casa invece di dover fuggire».

Un Rojava autonomo dovrà fare i conti con la Turchia: ci sarà una nuova guerra?
«Sono una giornalista, non un’analista mediorientale, non so predire se ci sarà una guerra. La mia impressione è che la gente abbia ragione a temere la svolta autoritaria di Erdogan. Un regime autoritario porterà più disordini e instabilità. Una cosa negativa per la gente della regione, che mina i nostri sforzi per sconfiggere l’Isis. Spero che i leader occidentali vorranno usare tutto il loro peso per fermare la violenza di Erdogan contro il popolo curdo e insistere per un ritorno al negoziato. È chiaro che la “questione curda” non può essere risolta militarmente. Prima Erdogan riprenderà i negoziati, meglio sarà per la società turca e per il mondo intero».

12 Nov, 2015

Bene l’avvio della stabilizzazione dei precari della sanità

Ha ragione il Presidente Zingaretti a definire questa giornata storica per il Lazio: il decreto sblocca turn over, arriva dopo 10 anni e consente alla Regione assunzioni a tempo indeterminato per i prossimi tre anni. 1.200 le persone tra medici, infermieri e tecnici che entreranno, di cui la metà circa sono precari che saranno stabilizzati.

Si tratta di una boccata di ossigeno per le strutture sanitarie che in questi anni di commissariamento hanno sofferto il blocco delle assunzioni con conseguenze anche sulla qualità del servizio offerto. Fino al 2017 quindi è programmata una stabilizzazione di almeno 425 precari, mentre lo sblocco del turn-over permetterà assunzioni in deroga di altre 425 persone a tempo indeterminato, tramite concorso pubblico o provenienti dalla mobilità. Speriamo sia solo l’inizio. Si cambia strada, si dà una svolta ed è un bene per i tanti lavoratori coinvolti, ma anche per i cittadini laziali ai quali la sanità potrà garantire un’assistenza migliore.

Auspichiamo in questo quadro anche il graduale superamento degli appalti esterni con l’internalizzazione del personale.

12 Nov, 2015

Sanità, incentivare la rete sulla salute perinatale

“Rafforzare l’approccio multidisciplinare alla promozione della salute perinatale e fare rete nei territori per creare sinergie utili ai cittadini, agli utenti, agli operatori.

Questa mattina ho partecipato al convegno “La promozione della salute perinatale: una prospettiva multidisciplinare” e ho condiviso l’impostazione che ne ha voluto dare l’Ordine degli Psicologi del Lazio.

La salute perinatale è all’interno dei Piani Operativi di cui si è dotata la Regione Lazio: la concentrazione dei reparti di ostetricia e ginecologia per evitare di tenere in vita quelli con meno di cinquecento parti l’anno, l’impegno – che comincia finalmente a produrre i suoi risultati – di abbattere il ricorso ai tagli cesarei, il rilancio della rete dei consultori. Tutto va in questa direzione.

Certo però non basta, occorre fare di più: in termini di investimenti, specie in  personale, in termini di promozione della rete da parte della Regione stessa. Troppo spesso succede ad esempio che i reparti ospedalieri, i consultori e gli studi pediatrici agiscano come compartimenti stagni.

La buona politica deve essere in grado di ascoltare e tradurre in atti amministrativi le competenze e le buone pratiche che già vivono nella società e nelle professioni. Il convegno dell’OPL di oggi può essere un’ottima occasione in questo senso”.

Lo dichiara in una nota Marta Bonafoni, consigliera regionale di Sel e membro della VII commissione Politiche sociali e Salute, che questa mattina ha partecipato al convegno “La promozione della salute perinatale: una prospettiva multidisciplinare” organizzato dall’Ordine degli psicologi del Lazio nella Sala della Protomoteca in Campidoglio.

11 Nov, 2015

Giustizia: consiglieri PD e SEL, nostro impegno per soluzione precari del Lazio

Si sono riuniti oggi presso la Sala Di Carlo della Pisana i Consiglieri regionali Marta Bonafoni, Baldassare Favara, Simone Lupi e Massimiliano Valeriani unitamente alle segreterie dei consiglieri Daniela Bianchi, Mauro Buschini, Gino De Paolis, Enrico Maria Forte, con i rappresentanti della FP CGIL del Lazio oltre ai coordinatori dell’unione precari della giustizia della nostra Regione.

L’obiettivo dell’incontro è stato dare seguito agli impegni assunti al tavolo dei precari della giustizia del 23 ottobre scorso, presso la sede dell’Assessorato al lavoro della Regione.

I Consiglieri regionali hanno preso l’impegno di mantenere gli accordi condivisi nelle precedenti riunioni sollecitando anche la Presidenza nella firma della convenzione annuale con il Ministero per attivare nel più breve tempo possibile il tirocinio nei tribunali della durata di tre mesi, impegnandosi a trovare ulteriori risorse per coprire i restanti 9 mesi del 2016.

Attualmente la situazione dei lavoratori precari della giustizia è drammatica perché oltre il 70% di loro non percepisce più ammortizzatori sociali quindi è necessario trovare una soluzione il prima possibile.

I Consiglieri regionali si impegneranno ad attivare tutte le interlocuzioni necessarie tra Assessorato al lavoro, bilancio e tra Parlamentari e Sottosegretari alla Giustizia per trovare insieme le risorse necessarie a garantire un futuro dignitoso agli oltre 400 tirocinanti del Lazio.

Purtroppo il decreto 20 ottobre 2015 del Ministero della Giustizia nel Lazio non soddisfa tutta la platea, oltre 200 persone restano escluse dal progetto, è importante continuare a prestare attenzione a queste donne e uomini, che pur provenendo da esperienze e territori diversi, attendono una risposta definitiva e dignitosa per risolvere la loro condizione di precariato.

Lo comunicano in una nota i consiglieri di Sel Marta Bonafoni, Daniela Bianchi e Gino De Paolis congiuntamente ai consiglieri del Pd Simone Lupi, Massimiliano Valeriani, Baldassare Favara, Enrico Forte e Mauro Buschini.

11 Nov, 2015

Roma Uno: dare certezze ai lavoratori

Sono vicina ai lavoratori dell’emittente Roma Uno. E’ una questione di diritti in primo luogo delle professionalità che hanno fatto crescere questa realtà rendendola un punto di riferimento per l’informazione locale, ma anche di noi cittadini che ogni giorno vediamo assottigliarsi la linea delle emittenti che garantiscono pluralismo e democrazia. E’ una questione di lavoro e di civiltà.

Così in una nota Marta Bonafoni, commentando la protesta dei lavoratori di Roma Uno, oggi a Piazza Venezia per denunciare il mancato pagamento degli stipendi che prosegue da mesi e soprattutto l’assenza di una linea chiara della proprietà sul futuro dell’azienda.

10 Nov, 2015

I dati sulla sanità un buon segno per il Lazio ma preoccupano i tagli nella Legge di Stabilità

Un segnale positivo quello che il sistema Prevale (Programma Regionale di Valutazione degli Esiti degli interventi sanitari) ci consegna dopo quasi tre anni di lavoro: migliori prestazioni, più veloci i tempi di attesa e un risparmio della spesa sanitaria. In questo quadro le preoccupazioni maggiori non sono quelle del lavoro che stiamo mettendo in campo, evidentemente sulla strada giusta, ma dalle notizie relative ai tagli che il governo imporrà con la legge di stabilità.

Temiamo infatti di trovare un ostacolo molto impegnativo da superare, dopo lo sforzo fatto nella direzione della razionalizzazione e della riorganizzazione del sistema, mirato al miglioramento del servizio oltre al risparmio di risorse. Un rischio che i cittadini del Lazio non dovrebbero trovarsi a vivere.

 

10 Nov, 2015

Generazione Neet: niente studio né lavoro. In Europa siamo primi e non è un bel record

L’Università Cattolica di Milano fa la fotografia di un fenomeno che conta in Italia 2,4 milioni di giovani che non studiano e sono senza un impiego. Il demografo Alessandro Rosina: “Un livello allarmante, mai raggiunto nella storia”. Il 66% dei “giovani adulti” vive a casa con i genitori: il 20% in più su media Ue.

Non sono sui libri e non hanno nemmeno un impiego. Quasi due milioni e mezzo di giovani vite sospese che non riescono a trovare un ruolo nel mercato del lavoro, nella società. E in questo momento fanno fatica anche solo a immaginarlo. L’Italia è la più grande fabbrica di Neet in Europa. Ragazzi fra i quindici e i ventinove anni fuori da qualsiasi circuito scolastico e lavorativo che di fatto vivono ancora sulle spalle di papà e mamma. Molti non hanno mai finito le superiori. Ma dentro quest’universo inerte finiscono sempre più laureati che non sono in grado di uscire di casa nemmeno dopo anni dalla discussione della tesi.
Tiziana De Giorgio, La Repubblica