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07 Nov, 2017

Camila e Adriana, una storia d’amore sbocciata a Rebibbia

GayNews

La sposa è raggiante, col suo vestito di pizzo azzurro, le scarpe blu elettrico, la carnagione scura e i capelli raccolti in una treccia. Anche la moglie non è da meno, impeccabile nel suo tight e quell’elegante gilet che fa un bel contrasto col caschetto biondo. Sono emozionatissime, d’altra parte in tutti i matrimoni va così. E quando dall’altoparlante della chiama la voce scandisce “Le spose possono uscire!”, appena fuori dalla soglia parte una pioggia di riso che le raggiunge dai piani alti.

Questa è la storia di Camila e Adriana e del loro matrimonio speciale. Speciale, certo, perché solo da una manciata di tempo in Italia anche due donne o due uomini possono unirsi civilmente di fronte allo Stato. Speciale ancora di più, nel loro caso, perché la cornice dell’unione costituisce una prima volta, un inedito: il carcere femminile di Rebibbia a Roma.

Ho conosciuto Camila e Adriana in un assolato sabato di fine ottobre. La loro storia ha fatto scalpore e ha dato il via a un dibattito delicato, importantissimo, quello intorno all'”affettività in carcere”, la possibilità cioè per una coppia di stare insieme e scambiarsi baci e carezze nonostante le sbarre. Cosa evidentemente impossibile per un uomo e una donna, visto che i reparti dei penitenziari sono rigorosamente separati tra maschile e femminile. Fattispecie che per la prima volta in Italia si è realizzata invece là, nella cella numero 84 al secondo piano del reparto cellulare, ribaltando almeno in questo caso la gerarchia dei diritti tra eterosessuali e omosessuali del nostro Paese. I primi svantaggiati rispetto ai secondi, i secondi pronti ad aprire una strada nuova, che possa alla fine del percorso chissà… produrre un passo avanti per tutti.

La faccenda è delicatissima, e a spiegarmelo mentre raggiungiamo il reparto sono in tanti: la vicedirettrice del carcere, il cappellano di Rebibbia, il garante dei detenuti del Lazio e persino la damigella delle spose. E non è delicata solo in punta di diritto, bisogna andarci cauti proprio parlando d’amore.

Quando sei rinchiuso infatti, specie tra donne, è facile per la solitudine e per le tante mancanze che si soffrono scambiare un’amicizia per qualcos’altro, non fermarsi a una carezza e proseguire oltre.

«Speriamo che duri» è la frase che mi dicono tutti mentre raggiungiamo la cella delle spose: il cappellano, che si è ritrovato a fare da testimone il giorno del matrimonio; l’agente di polizia penitenziaria che «certo che ci sono andato alla cerimonia, una volta che succede una cosa bella qua dentro», la damigella che in questo strano condominio tutto di donne è la dirimpettaia della coppia.

Tutte queste attenzioni da parte dell’amministrazione, all’inizio, Camila e Adriana le avevano scambiate per una specie di “persecuzione”. Ora invece ci tengono a dire che sono grate a tutti, per la cura con cui hanno seguito la loro storia. E – naturalmente – per il lieto fine che è stato scritto: va bene, ha disposto alla fine la direzione del carcere, la vostra condotta è buona e anche il rapporto con le altre detenute, dunque potete condividere la stessa cella.

“La nostra casa”, la chiamano loro. Un letto a castello, un armadietto dove si intravede della frutta, un fornelletto elettrico, un cane in miniatura sopra a una specie di comodino, la TV accesa sul telegiornale, il bagno. Non c’è ordine in giro, c’è qualcosa di più: segni di una stanza vissuta, di una vita “normale”.

Una dimensione che Camila e Adriana si sono conquistate dopo due anni e più di qualche fatica. La principale quando Camila, la più grande delle due (ha 29 anni ma ne dimostra 25 come la sua compagna) ha ottenuto il permesso di andare a lavorare fuori durante il giorno. Un premio per le altre, una specie di tortura per lei che – arrivata dal Brasile solo quattro anni fa – dice «Adriana è tutta la mia famiglia».

La storia del dentro/fuori dura solo tre mesi: «Ci parlavamo dalle grate, lei al secondo piano io al piano terra», mi racconta Camila. Troppo, e così addio permesso premio e sono tornate insieme. Per Adriana quella è stata la prova definitiva del loro amore: all’inizio aveva paura che Camila si fosse sbagliata, che avesse solo scambiato un’amicizia per qualcosa d’altro.

Lei «omosessuale sin dalla nascita con altre storie alle spalle», la compagna al suo primo rapporto non eterosessuale. E così la scelta di sposarsi, e i confetti, e la festa nel chiostro del carcere, e quel primo lento insieme sulle note di Alessandra Amoroso prima di scatenarsi ballando con le altre detenute nello “spazio socialità”, e tutti commossi compresi i genitori di Adriana, due signori di origine polacca a Roma da una vita, che hanno dato una mano alle spose in tutto e per tutto: dai documenti per l’unione alle fedi, che le neospose indossano in coppia coi loro anelli di fidanzamento.

Sempre i genitori di Adriana aiuteranno tra qualche mese Camila, una volta uscita dal carcere. Vuole andare in Brasile per portare in Italia suo figlio Gabriel, che ha dieci anni e sa che mamma ha un’amica speciale che già gli va a genio, perché gli ha regalato un pallone firmato da Ronaldo che custodisce gelosamente nella sua cameretta.

E quando l’anno prossimo sarete fuori tutte e due, chiedo, come la immaginate la vostra vita? Avete già una casa dove andare tutti e tre? Prima di salutarci è Adriana a rispondermi, con la calma di chi dopo tanto penare non vuole precipitare le cose.

Andranno a stare per un po’ dai suoi, cercheranno un lavoro, un po’ di stabilità. Ma una cosa è certa, si piazzerà davanti alla playstation con Gabriel e partirà la sfida a due. Come succede in un sacco di case, come succede in qualunque famiglia.

06 Nov, 2017

Municipio X, bene De Donno ma astensione preoccupa enormemente

In una situazione difficile, come quella del Municipio X, Franco De Donno ha avuto il merito e il coraggio di costruire una speranza. Il risultato della lista che lo ha sostenuto ha raggiunto quasi il 9% ed è una base su cui continuare quel lavoro di cucitura del tessuto politico e sociale della sinistra su cui ci siamo impegnati fin dal primo minuto.

Il risultato elettorale di De Donno ma in generale di tutto il centro sinistra è anche un segnale alle forze che si collocano in quel perimetro: divisi non si ha prospettiva, trincerati dietro steccati identitari che separano una visione di insieme non siamo convincenti. Occorre ritrovare le ragioni di una coalizione che abbia a cuore le esperienze territoriali, che unisca e non divida, che allarghi e che faccia delle differenze una grande ricchezza. Esempi vincenti ci sono a partire da quello della Regione Lazio.

Il dato più rilevante di questa tornata elettorale resta comunque quello dell’astensione: una sconfitta per tutta la classe politica, non solo di quel territorio. La rinuncia a partecipare consegna quindi anche dei risultati alterati, con scarsa aderenza al sentire dei cittadini: si comprende solo che il M5S, perdendo 23 mila voti rispetto allo scorso anno, non intercetta più la risposta e la protesta e paga il cattivo governo Raggi, mentre a guadagnarci è la destra neofascista di Casa Pound che di voti ne ha guadagnati più di 3 mila. Un messaggio chiaro di sconforto e disillusione rispetto alla possibilità di cambiare in meglio le condizioni del proprio territorio, che chiama tutti noi a fare gli straordinari.

06 Nov, 2017

Di elezioni, della strage delle ragazze e dei nostri figli adolescenti

Rubrica n.8 in diretta su #RadioPopolare

In Sicilia lo spoglio delle urne e’ appena iniziato, per ora si ragiona sugli exit poll e guardando a quelli appare chiara solo una cosa: se sommi la forbice più alta dei voti di Micari+Fava non raggiungi la forbice più bassa del secondo arrivato Cancelleri… finisce 30% a 33%. Fine del commento.

A Ostia invece il dato è quasi definitivo.
Uno su tutti: a votare ci è andato poco più che 1 cittadino su 3. Dopo due anni di commissariamento per mafia e le inchieste su criminalità e malaffare la reazione democratica semplicemente non c’è stata.
Non in favore dei Cinque Stelle che si fermano appena sopra il 30% (erano al 44% nel 2016!), non per la Destra unita (26.6%), certamente non per il Pd (che vabbè arriva terzo ma crolla al 13.8%).
La rabbia e la reazione riempiono invece il portafogli elettorale di Casa Pound: Marsella dovrebbe chiudere sopra il 9%. Ripeto – allarme! – Casa Pound sopra il 9%.
Dice ma De Donno è andato bene, supera l’8… ok va bene, ripartiamo da qua.
Ma al lavoro subito però!

Intanto a urne aperte sono ripresi gli sbarchi, e i morti. Anzi LE morte.
26 corpi di altrettante ragazze nigeriane (14 anni la più piccola 18 la maggiore) sono arrivati ieri su un barcone a Salerno. L’indagine è aperta per “morte come conseguenza di altro reato”, che per le migranti – sempre – vuol dire maltrattamenti, tortura, stupro, gravidanze indesiderate. Proviamo a non dimenticarcelo in poche ore.

Infine l’adolescenza, e la pillola per “contrastarla”. Pare si stia già diffondendo, e in pratica serve a smussare le intemperanze dei nostri figli teenager.
Ecco oggi io – che sono madre di un quattordicenne – voglio spezzare una lancia in favore delle sue intemperanze, dei suoi sbalzi di umore, delle sue risate scomposte e dei suoi silenzi incomprensibili. W l’adolescenza, W la fragilità! E avanti con le relazioni umane… altro che pillole.

Ps la mia rubrica torna come sempre lunedì prossimo alle 7.50 in diretta su Radio Popolare.

Qui trovate il podcast: http://www.radiopopolare.it/podcast/il-demone-del-tardi-copertina-di-lun-0611/

03 Nov, 2017

Girls From Earth

Giovedì 7 dicembre 2017, ore 18.30
Più Libri Più Liberi
Sala Marte

Intervengono Marta Bonafoni, Lara Crinò e Angela D’Alessandro

A cura di ActionAid Italia

Girls From Earth è un documentario che si concentra su una giovane ragazza europea, che stringe amicizia con una ragazza africana della sua stessa età. La loro conversazione consente allo spettatore di scoprire qual è il contesto in cui vivono le donne di alcuni villaggi, un contesto in cui le mutilazioni genitali e il matrimonio precoce fanno parte della loro tradizione. Alcune di queste ragazze, però, decidono di ribellarsi, fuggire e portare sostegno a coloro che non riescono a trovare lo stesso coraggio.

03 Nov, 2017

Verso l’accreditamento

Martedì 5 dicembre 2017, ore 10.00
Sala “A.Fredda“ della CGIL Roma
Via Buonarroti, 12 – Roma

Il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) Lazio¸ in vista della conclusione del percorso di accreditamento di 45 progetti sulle dipendenze¸ invita gli operatori del settore e i referenti regionali a un confronto sullo stato di avanzamento dei lavori. L’appuntamento è per martedì 5 dicembre 2017¸ dalle ore 10.00 alle 13.00¸ nella sala “A.Fredda“ della CGIL Roma¸ in via Buonarroti 12.

Il fenomeno dei consumi legati alle dipendenze è mutevole: ai consumatori delle “vecchie sostanze”¸ si aggiungono quelli delle “nuove sostanze”¸ queste ultime particolarmente pericolose per la loro tossicità. La Regione Lazio ha affrontato il fenomeno attivando i progetti di Riduzione del Danno e dei Rischi¸ i Servizi a Bassa Soglia e i Servizi Specialistici¸ che hanno garantito una pluralità di risposte a una domanda non soddisfatta dai servizi storicamente accreditati (Ser.D e Comunità).

Il percorso di accreditamento è iniziato nel 2015 con la definizione¸ da parte della Regione Lazio¸ di nuove tipologie di servizi¸ dei requisiti minimi per l’autorizzazione all’esercizio. Sempre nel 2015 è stata tracciata una sorta di roadmap finalizzata a gestire il processo di transizione per l’ingresso dei 45 progetti regionali nel sistema di accreditamento. Oggi si è alle prese con gli ultimi due passaggi del percorso: la definizione del fabbisogno e dell’entità economica necessaria¸ oltre alla modalità di pagamento delle prestazioni. È questa una fase in cui va prestata la massima attenzione alla definizione delle tariffe da riconoscere per le prestazioni erogate e al meccanismo con il quale saranno effettivamente riconosciute. Il rischio è che¸ per alcune peculiarità tipiche dell’ambito delle dipendenze¸ si compromettano gli sforzi sostenuti finora e si rendano insostenibili dal punto di vista economico i nuovi servizi accreditati. Allo scopo di garantire servizi efficaci¸ è necessario concludere il processo di accreditamento superando l’adozione degli standard regionali (seppure adeguati a diversi ambiti sanitari)¸ verso criteri adatti all’organizzazione dei servizi in questione.

All’iniziativa sono stati invitati:

Alessio D’Amato: Responsabile della Cabina di Regia SSR.

Antonio Mazzarotto: Dirigente Area Politiche per l’Inclusione.

Marta Bonafoni: Consigliere Regionale (accompagna il percorso sin dall’inizio).

Operatori dei Servizi Pubblici per le dipendenze.

Roberto Giordano: Segretario Cgil Roma e Lazio (in apertura saluterà i partecipanti).

Coordina Stefano Regio: Responsabile politiche per le dipendenze – CNCA Lazio

Interverranno:

Tatiana Agostinello: Presidente CNCA Lazio

Germana Cesarano: Presidente CearL

Mirco Pulicari: Riduzione dei Rischi

Michele Pellegrino: Riduzione del Danno

Anna Rita Mareri – Ser.D Rieti

03 Nov, 2017

“Verità e giustizia per Daphne”. Appello della stampa mondiale

Francesca Caferri, La Repubblica

Quando l’auto su cui viaggiava Daphne Caruana Galizia è esplosa a pochi metri dalla sua casa, il 16 ottobre a Malta, il contatore del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) con sede a New York ha fatto uno scatto, portando a 32 i giornalisti uccisi nel 2017: Daphne dopo Ali Nur Siad, ucciso a Mogadiscio, Somalia.

Hawker Faisal Mohammed, morto in Siria e Edgar Daniel Esqueda Castro, freddato in Messico e tanti altri in India, Yemen, Russia, solo per citare i Paesi dove negli ultimi mesi sono stati uccisi più giornalisti.