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03 Nov, 2014

Stati generali delle donne

Venerdì 5 dicembre, ore 9-18.30
Ufficio d’Informazione in Italia del Parlamento europeo – Sala delle Bandiere
Via 4 Novembre, 149 – 00187 Roma

Oltre 150 donne tra imprenditrici, artigiane, docenti universitarie, libere professioniste, politiche, cittadine si confronteranno a Roma in vista di EXPO e della Conferenza Mondiale delle donne “Pechino vent’anni dopo” che si svolgerà a Milano nei giorni 26 – 27- 28 settembre 2015

01 Nov, 2014

Cucchi, la colpa delle istituzioni

Una cosa, la sap­piamo e non dob­biamo mai dimen­ti­carla. Già la sen­tenza di primo grado ha dovuto rico­no­scerlo e quella di appello non ha potuto negarlo, se pure fosse stata que­sta l’intenzione. Il dato ine­qui­vo­ca­bile è che Ste­fano Cuc­chi ha subito vio­lenze dopo l’arresto.

Vio­lenze che hanno gon­fiato e arros­sato i suoi occhi, tume­fatto il volto, rico­perto di lividi il corpo, e frat­tu­rato le ossa. Lo hanno raccontato i fami­liari dopo averlo visto sul tavolo dell’obitorio e lo abbiamo potuto sapere guar­dando quelle foto oscene scat­tate durante l’autopsia.
La sen­tenza di primo grado ha detto: le vio­lenze sono inne­ga­bili, ma le prove non sono suf­fi­cienti e le inda­gini sono state fatte con negligenza.

Le con­clu­sioni della cosid­detta «super peri­zia» lascia­vano scon­cer­tati: Ste­fano Cuc­chi è morto di fame e di sete, le per­cosse – o la caduta dalle scale o l’autolesionismo, tanto che dif­fe­renza fa? – non c’entrano in alcun modo.

Due­cento pagine che si mor­dono la coda, che ruo­tano intorno a sé stesse e a una suc­ces­sione di argo­men­ta­zioni con­trad­dit­to­rie, quasi fos­sero preda di una spi­rale autodistruttiva.Duecento pagine che, in sostanza, scel­gono di non sce­gliere e deci­dono di non deci­dere. Dunque, ora pos­siamo dire che un con­cen­trato di errori, leg­ge­rezze e colpe ha con­trad­di­stinto la vicenda di Cuc­chi negli ultimi giorni da vivo – accom­pa­gnan­dolo nella sua per­so­na­lis­sima via cru­cis in dodici luo­ghi e all’interno di altret­tanti appa­rati sta­tuali – e che sem­bra non abban­do­narlo nean­che adesso che non c’è più.

La sen­tenza di primo grado sug­ge­ri­sce: i testi­moni che accu­sano gli agenti non sono cre­di­bili, non c’è cer­tezza che i respon­sa­bili siano loro, forse la colpa è dei cara­bi­nieri (è que­sta la sin­tesi estrema rica­va­bile dalle moti­va­zioni). La sen­tenza di appello avrebbe dovuto assu­mersi l’onere di for­nire final­mente una spie­ga­zione all’opinione pub­blica e di rispon­dere alle domande della famiglia.

Ancora una volta, invece, le parole pro­nun­ciate in quell’aula di tri­bu­nale si sono rive­late tra­gi­ca­mente delu­denti e ter­ri­bil­mente povere rispetto a quelle di Gio­vanni Cuc­chi: «Le per­sone ferite siamo noi e lo saremo per tutta la vita. Non si può accet­tare che lo Stato sia incapace di tro­vare i colpevoli».

E a pro­po­sito di parole, è bene tor­nare a quanto detto all’epoca da Carlo Gio­va­nardi su Ste­fano Cuc­chi: «ano­res­sico epi­let­tico tossicodipen­dente larva e zom­bie». Non sono solo le parole effe­rate di un uomo pale­se­mente infe­lice che dà sfogo alle pro­prie frustrazioni con un lin­guag­gio da strada.

Gio­va­nardi esprime in una forma truce un pen­siero che cir­cola nel corpo sociale e che si annida nelle pie­ghe più oscure di alcuni appa­rati dello Stato. Un pen­siero vio­lento, capace di per­se­guire la degra­da­zione morale di chi si con­si­dera vul­ne­ra­bile e con­dan­na­bile, fino a morti­fi­carne la dignità anche dopo la morte e a sfre­giarne la memoria.

Se quel pen­siero cir­cola – e sap­piamo che cir­cola – in chi detiene il potere sui corpi reclusi o inde­bo­liti dalle sof­fe­renze, in chi chiude le sbarre di una cella o serra i polsi con le manette, in chi può deci­dere della libertà o della pri­gio­nia o della inco­lu­mità di un altro essere umano, i danni pos­sono essere enormi e irre­pa­ra­bili. Per giunta, nel corso del dibat­ti­mento di primo grado, quel pen­siero che clas­si­fica gli uomini secondo cate­go­rie cri­mi­no­lo­gi­che e che li gerar­chizza secondo i loro stili di vita e il loro cur­ri­cu­lum penale, è emerso anche nelle parole di un pub­blico ministero.

Ecco, se tutto que­sto accade, è dif­fi­cile che Ste­fano Cuc­chi trovi nell’aula di un tri­bu­nale quelle con­di­zioni di egua­glianza di tutti di fronte alla legge che gli avreb­bero dovuto con­sen­tire, infine, di tro­vare giustizia.

Luigi Manconi-Valentina Calderone, Il Manifesto

 

31 Ott, 2014

La sentenza sulla morte di Stefano Cucchi è inaccettabile

Un verdetto che lascia senza parole e con le lacrime agli occhi.

Una sentenza sulla cui giustezza formale e giuridica si esprimeranno gli avvocati, ma che dal punto di vista umano lascia sbigottiti tanto e’ grande il senso di smarrimento e rabbia per un verdetto che tenta di cancellare una assurda morte come quella di Stefano.

Una sentenza quella di oggi che assolvendo i responsabili ‘morali’ della morte di Stefano segna una tra le pagine più tristi ed umilianti della giustizia del nostro Paese

31 Ott, 2014

La Fiom spinge Alfano a più miti consigli

Matteo Renzi paga il dazio per il doppio scivolone sui sindacati: la frase infelice della Picierno sulle tessere false della Cgil e soprattutto le manganellate agli operai dell’Ast di Terni. Dopo la rabbia urlata in piazza, Landini viene ricevuto dal premier e strappa un impegno dell’azienda a sospendere i licenziamenti e il passo indietro di Alfano.
Leggi l’articolo di Lorenzo Misuraca