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13 Feb, 2017

Sessismo, nessuno è immune dalle discriminazioni di genere

Monica Lanfranco, Il Fatto Quotidiano
12 febbraio 2017

La sottovalutazione e il disconoscimento degli effetti e dei pericoli culturali, sociali, simbolici e pratici del sessismo non si trova solo in ambienti aggressivi e totalmente privi di minimi requisiti democratici che eleggono, per esempio, il quotidiano Libero come loro megafono. Penso che questo sia il dato più rilevante sul quale ragionare, volendo trovare il lato utile dell’ignobile e ripetitiva trovata del quotidiano con il titolo sulla sindaca Raggi

Benissimo che Maria De Filippi da Sanremo sanzioni chi, invece che ascoltare cosa ha da dire una donna, si concentri sul suo abito, ma non si può dimenticare che per oltre due decenni Mediaset, imitata presto anche dalla Rai, ha veicolato trasmissioni, (ben analizzate nel Corpo delle donne) dalle quali due generazioni di giovani hanno attinto modelli relazionali e identitari. Una catastrofe educativa passata inosservata e sottostimata.

Il martellamento continuo attraverso la tv prima, e i social poi, ha normalizzato il linguaggio sessista, impreziosito dalla definizione di trash che ne ammanta una qualche dignità subculturale, fino a giustificarne l’uso: parlare così, quindi pensare così ti rende parte del gruppo dominante, ti rende una persona moderna, diretta, smart, cool. Il sessismo attraverso la lingua penetra così tanto nel subconscio fino a scomparire come violenza, aggressione, umiliazione, disumanizzazione, quale invece è.

Un breve racconto. Durante una recente formazione per un gruppo di attivisti di sinistra, tra cui molti giovani, propongo la visione del video Parole d’amore, perfetta escalation che evidenzia il sessismo collettivo inconscio veicolato in frasi di uso quotidiano. L’impatto è forte: ogni volta che lo mostro c’è chi ammette quanto l’insulto e il disprezzo che si subisce, (e spesso senza accorgersene si veicola), sia diffuso e ormai invisibilizzato dalla routine, a scuola, nei luoghi di lavoro, per strada. Un ragazzo però, sostiene che una di queste frasi non si possa più ritenere offensiva, perché, pur inizialmente rivolta alle donne, oggi è adoperata anche tra maschi.

La frase è: “hai le tue cose?” Prima considerazione: una frase sessista smette di esserlo se il bersaglio cambia? Se si vuole evidenziare un atteggiamento scorretto, perché invece di dire “sei nervosa?“, che è il contenuto sotteso, si sceglie di parlare delle mestruazioni? Qui la faccenda si fa interessante. L’attivista sostiene che molte donne (lui dice la maggioranza, e cita anche la scienza) subiscono squilibri rilevanti durante il ciclo, che incidono sull’umore e quindi sul comportamento.

Faccio presente che le donne in Italia prima della metà degli anni ’60 non avevano accesso in magistratura anche a causa del pregiudizio legato alla fisiologia (nel ciclo si verifica uno squilibrio che mina la capacità di valutazione in tribunale, si diceva): questa risulta una notizia nuova per quasi tutta l’aula.

Quando invito a trovare una frase analoga rivolta agli uomini vengono fuori situazioni in cui manca la centralità del corpo maschile: si potrebbe dire, per canzonare il nervosismo maschile, “non ne hai presa ieri sera“. Faccio notare che anche in questo caso, pur alludendo al nervosismo causato dalla mancata soddisfazione sessuale, si sta rovesciando sull’altra la responsabilità. Insomma: con grande fatica si arriva a definire che (forse) una frase di peso quasi simile a hai le tue cose? potrebbe essere “non ti è venuto duro“?

A ben guardare, però, tranne che nei casi gravi e pervasivi, la mancata erezione è un incidente che non invalida la qualità di giudizio e l’affidabilità degli uomini, mentre l’inattendibilità e l’irresponsabilità delle donne, mestruate tutta la vita dai 13 ai 55 anni circa, diventa uno stigma per un intero genere anche grazie a quella semplice frase. Non ci trovavamo in un circolo di lettori del quotidiano di Feltri, ma in un luogo dove si fa politica esattamente contro le visioni del mondo enunciate dalle sue pagine. A riprova che nulla e nessuno è immune dalla misoginia quotidiana, perché essa è così radicata dentro di noi da doverla continuamente disvelare, riconoscere ed espellere non solo dalle nostre parole, ma soprattutto dalla nostra mente e dal nostro modo di ragionare.

12 Feb, 2017

Tavolo di coordinamento della Rete antiviolenza della Provincia di Frosinone

Martedì 21 marzo 2017, ore 14.30,
Sala Consiglio della Provincia di Frosinone

Tavolo di coordinamento della Rete antiviolenza della Provincia di Frosinone

Ordine del giorno:

1. Approvazione verbale seduta precedente
2. Aggiornamento sulle Linee di indirizzo della Cabina di regia contro la violenza
sulle donne della Regione Lazio con la presenza della Presidente Cecilia
D’Elia e della Consigliera Componente della Cabina di regia Marta Bonafoni
3. Riesame del Vademecum elaborato dal Gruppo di lavoro
4. Aggiornamento su esiti del programma formativo 2016
5. Aggiornamento su iniziative in atto e/o programmate per anno 2017
6. Varie ed eventuali

12 Feb, 2017

Commissione Antimafia

Lunedì 13 marzo 2017, ore 10.00
Sala Di Carlo

Audizione di Pompeo Savarino, direttore della Direzione regionale attività di controllo e coordinamento delle funzioni di vigilanza in merito agli atti per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nelle pubbliche amministrazioni.

12 Feb, 2017

V Commissione

Lunedì 13 marzo 2017, ore 10.00
Sala Latini

Audizione in merito alla proposta di legge n. 288 del 2015: “Norme per il riconoscimento, la promozione e il sostegno dei diritti alla conoscenza e allo studio nella Regione Lazio”. Invitati: Carmelo Ursino (Commissario straordinario Laziodisu), Alessia Venerucci (Università di Roma La Sapienza), Alessia Testa (Università di Roma La Sapienza), Valerio Fabi (Gruppo spontaneo studenti UniRoma in movimento)

10 Feb, 2017

Con incontro di oggi Regione Lazio conferma ruolo attivo nella vicenda Sky

L’incontro che si è svolto oggi tra il vicepresidente della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, gli assessori al Lavoro e allo Sviluppo Economico e i sindacati, conferma la volontà di questa amministrazione nel voler affrontare e risolvere la vicenda della chiusura della sede romana di Sky.

Bene quindi l’impegno di svolgere un ruolo attivo in questa vertenza, in sinergia con le parti in causa ma non limitandosi ai pur necessari passaggi con le altre amministrazioni, e la decisione di convocare già nei prossimi giorni l’azienda, per illustrare tutte le opportunità e le azioni concrete che la Regione è in grado di mettere in campo.

Come più volte ribadito, facciamo nostre le preoccupazioni emerse anche oggi durante l’incontro in merito al rischio di perdere su Roma un asset strategico nel settore dell’informazione e sulle gravi ricadute non solo sulla vita di centinaia di lavoratori e delle loro famiglie ma anche sul tessuto socio-produttivo di Roma e del Lazio.

10 Feb, 2017

Pisapia e il Campo Progressista

“Oggi Pisapia sul Corriere della Sera lancia Campo Progressista.
Una forza nuova, perché realmente collettiva.
Che non parla al ceto politico, ma lascia parola: alle associazioni, al territorio, ai sindacati, alle tante energie sparpagliate. A sinistra.
Che non punta a mettere un dito nell’occhio del vicino, ma pensa a quello che può fare partendo da se.
Con rispetto per tutti”.
Corriere della Sera, Aldo Cazzullo

Pisapia, ci siamo?
«Sì. Come avrebbe detto qualcuno: scendo in campo di nuovo. Ieri a Milano, oggi in Italia».

Fonda l’ennesimo partito?
«No: ce ne sono già troppi. Mi metto al servizio di un impegno politico collettivo. Il protagonista non sono io. Sono loro: le associazioni che lavorano sul territorio, le amministrazioni locali, il volontariato laico e cattolico».

Avranno pure bisogno di un nome.
«Campo progressista. Un progetto del tutto nuovo, che nasce con una grandissima ambizione: offrire altro, rivoluzionare la politica, cambiarla nel profondo. Vogliamo unire storie e percorsi diversi e costruire una casa comune, per riunire chi vuole fare qualcosa per la società e non trova il modo».

Diranno che fa la stampella di Renzi e del Pd.
«Non ho mai fatto la stampella di nessuno, e a Renzi ho sempre detto quello che pensavo. Ho il mio lavoro, non ho ambizioni personali. Nel 1998 mi dimisi da presidente della commissione Giustizia della Camera dopo la caduta di Prodi. Più volte ho rifiutato di fare il ministro. Ho fatto un passo indietro dopo la vittoria storica di Milano, dove da vent’anni governava la destra, e dopo cinque anni di governo unitario, con la massima radicalità sui valori e il massimo pragmatismo».

Perché ora ci ripensa?
«Quest’estate ho girato l’Italia e sono andato a incontrare le tante persone che mi avevano scritto. Sono stato nelle grandi città e in paesi che non sapevo esistessero. Ho scoperto che esiste un mondo ricchissimo. Mi fermavo a fare benzina, e nel tempo di fare il pieno e prendere un caffè arrivava il sindaco per parlarmi del suo Comune. A Roma mi dicevano: “Venga qui a fare il sindaco…”. Ho incontrato persone straordinarie».

Chi?
«Enzo Bianchi mi ha detto: “Lei si butti se viene chiamato”. E mi hanno chiamato in tanti. Non ceto politico; persone alla ricerca di una speranza. Studenti e professori italiani a Londra e a Coventry mi hanno invitato a presentare il progetto. Ricercatori all’estero come Giacomo Pirovano mi hanno assicurato che sono pronti a tornare in Italia per impegnarsi. Associazioni culturali, ambientalisti, volontari di Merate, Biella, Monopoli, Lecce… La questione dei giovani è la nostra priorità. Come diceva Vittorio Foa: “Pensare oltre che a se stessi, agli altri; oltre che al presente, al futuro”».

Chi c’è nel suo pantheon, oltre a Foa?
«Don Milani. Avevo 17 anni quando partii sulla 500 di un amico per andare a Barbiana a conoscerlo. Stava già molto male. I suoi mi regalarono la Lettera a una professoressa e L’obbedienza non è più una virtù: li tengo sempre qui, sul leggìo sopra il tavolo di casa. E poi i leader storici che il campo progressista ha espresso nelle varie epoche, da Berlinguer a Obama».

Più modestamente, con Bertinotti ha parlato?
«Ho sempre avuto stima per la sua onestà intellettuale, ma non lo sento da quando eravamo alla Camera».

E la Boldrini?
«Siamo in ottimi rapporti. Saremo insieme a Milano a un incontro sulla buona politica, il giorno di san Valentino».

Quali sono i prossimi passi?
«Faremo iniziative in diverse città, anche con sindaci e amministratori di piccoli e grandi Comuni. L’11 marzo faremo il primo grande incontro nazionale, a Roma. Poi apriremo le Officine per il programma».

E Sel? Vendola?
«Sel si è divisa e si è sciolta. Il mio amico Nichi pensa che non sia più possibile costruire un centrosinistra con un Pd geneticamente modificato, scambiando Renzi con il popolo del Pd. Io la penso diversamente. Rispetto la sua posizione; chiedo rispetto per la mia».

Crede davvero che ci sia spazio per una forza di sinistra alleata con il Pd?
«La prospettiva è più ambiziosa: spostare il Partito democratico a sinistra. Per necessità numerica, il Pd è stato costretto a governare con forze che non erano né di sinistra né civiche. È il momento di andare oltre».

Mai con Alfano?
«Noi vogliamo essere l’embrione del nuovo centrosinistra; non possiamo stare con un partito di centrodestra. Rispetto Alfano, ma dai diritti civili alle politiche per i giovani siamo diversi».

Non crede che un elettore di sinistra deluso da Renzi voti più facilmente per Grillo che per lei?
«A Milano i grillini sono attorno al 10%. In tanti mi hanno chiesto come sono riuscito a non farli emergere. Il modo è fare le cose positive di cui i grillini parlano».

L’onestà?
«Quello è un presupposto. Intendo trasparenza, legalità; mettere a disposizione di tutti i beni comuni. Questo a Milano l’abbiamo fatto. La demagogia e il populismo si contrastano così. Anche con il coraggio di dire che non sei d’accordo, anziché dare sempre ragione a chi urla. Ora siamo a un bivio: o riusciamo a fare una coalizione che dia risposte ragionevoli alla questione sociale; oppure lasciamo il Paese a Grillo e alla destra».

Oggi nessuna coalizione avrebbe i numeri per governare. Campo progressista quanto può valere?
«Non lo so. Ma penso che l’alleanza tra il Pd, noi, le liste civiche, gli ecologisti possa arrivare al 40%. Certo, dipenderà se la legge elettorale consentirà le coalizioni. Siamo una forza autonoma; non possiamo certo entrare in una lista con il Pd».

Lei è ottimista. Molti elettori, anche milanesi, sono arrabbiati e indignati con i politici e i loro privilegi.
«Li capisco. Sono da sempre convinto che lo stile di vita sia importante. Per questo con i miei assessori ci muovevamo in autobus, a piedi, in bicicletta. Anche di notte andavo con la mia auto privata in periferia o nelle parrocchie dove mi invitavano; per gli impegni istituzionali avevo un’auto ibrida vecchia di 15 anni».

E adesso?
«Vado a piedi e uso il car sharing. Sono imbarazzato a chiamare un taxi perché spesso mi tocca discutere con il tassista che non vuole farmi pagare».

Cosa pensa del suo successore Sala?
«È diverso da me. È un manager. Ma sui punti principali segue la nostra esperienza. Molti assessori sono stati riconfermati. I progetti sono quelli. L’alleanza di centrosinistra è ampia e legata al civismo».

E di Renzi?
«Ha lati positivi: coraggio e, all’inizio, capacità innovativa. Ha portato a termine riforme ferme da decenni, a cominciare dalle unioni civili; ma ha anche sbagliato sul referendum e su altre riforme che si sono trasformate in controriforme, ad esempio sul Jobs Act. Dovrebbe ascoltare di più. E non ha capito che i corpi intermedi sono importanti; a cominciare dai sindacati».

La Cgil era per il No. Lei non si è pentito di aver votato Sì?
«Non mi sono pentito. Anche i miei amici mi dicono: “Chi te l’ha fatto fare? Appoggiando il No avresti avuto una prateria a sinistra”. Ma preferisco essere coerente con la mia coscienza. Per me non era un voto su Renzi; era un giudizio su una riforma che non condividevo appieno, ma portava cose positive. Sul Titolo V: abbiamo una sanità del tutto diversa da una Regione all’altra. E sull’obbligo per il Parlamento di esaminare le leggi di iniziativa popolare: come la proposta della Cgil per limitare i voucher al lavoro occasionale».

Con D’Alema vi parlerete?
«Io parlo con tutti. Ma quello che mi interessa è recuperare i milioni di voti persi tra gli elettori di centrosinistra. E far appassionare i giovani a una nuova politica».

Ci sarà la scissione?
«Non me la auguro; ma certo non dipende da me. L’importante è che il Pd capisca di non essere autosufficiente. Occorre una svolta che guardi a sinistra. Una forte discontinuità, rispetto a una stagione in cui i democratici erano costretti ad accordi con Alfano e anche con Berlusconi».

Guardi che già si parla di alleanza con Berlusconi nella prossima legislatura.
«Per me sarebbe impossibile appoggiare un governo di larghe intese».

Quando si dovrebbe votare secondo lei?
«Sarebbe bene portare a termine le riforme già avviate: ius soli, reddito di inclusione, norme per non far fallire le società confiscate alla mafia, limiti ai voucher. Se mancasse la volontà, meglio andare a votare. In ogni caso i tempi saranno lunghi, perché serve una nuova legge elettorale».

Quale?
«L’importante è che sia omogenea tra Camera e Senato, e consenta ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti. Anche con le preferenze»

09 Feb, 2017

E ora il fronte anti-Donald trova una leader

Federico Rampini, La Repubblica

Nella partita del Primo Emendamento sulla libertà di espressione, mettere il bavaglio a un membro del Senato non è facile nè banale. Ci è riuscita la maggioranza repubblicana con un gesto di rara prepotenza.
La vittima dell’inusuale censura: Elizabeth Warren, senatrice del Massachussetts eletta nel collegio che fu di Ted Kennedy. La sua colpa: opporsi fino all’ultimo alla conferma di Jeff Sessions, reazionario e razzista dell’Alabama, che Donald Trump ha scelto come ministro della Giustizia.
Il pretesto per zittirla: Warren stava leggendo in aula un discorso pronunciato dalla vedova di Martin Luthr King, Coretta, contro lo stesso Sessions.

08 Feb, 2017

Legge sui Cammini, felici di aver contribuito in maniera decisiva

“Siamo felici di aver contribuito in maniera decisiva a questa legge perché porta con se l’applicazione pratica di sviluppo sostenibile. I cammini possono dare soprattutto ai territori più distanti da Roma una grande occasione di crescita economica nel rispetto della cultura locale, valorizzando le risorse ambientali e ripopolando luoghi che rischiano l’abbandono.

La legge infatti permetterà di creare un’unica grande rete dei cammini, sia religiosi che escursionistici, attivare nuovi strumenti innovativi come la casa del camminatore e il narratore di comunità, oltre a destinare delle risorse certe alla valorizzazione e manutenzione dei tracciati. Il mondo dell’associazionismo e
gli enti locali saranno costantemente coinvolti nella programmazione dei vari interventi grazie alla presenza di un Forum che avrà il compito di raccogliere proposte e iniziative dal basso.

E’ stata una posta ampliamente condivisa e che permetterà di continuare al meglio il lavoro sui Cammini già avviato dall’Assessorato al Turismo di Smeriglio. Riscoperta dei
borghi, tutela delle aree naturali, sostegno a nuove imprese giovanili, enogastronomia. Sono tutti elementi che escono rafforzati grazie a questa legge”.

Così in una nota Gino De Paolis, capogruppo, Marta Bonafoni e Daniela Bianchi, Consigliere Si-Sel alla Regione Lazio.