Spazi (ancora) negati al calcio femminile, e la Roma che non può giocare in casa
Il Giornale – di Alice Della Cerra
Traguardo Champions senza precedenti per la Roma, ma mancano le strutture: l’ennesima beffa per il movimento senza campi
Il Giornale – di Alice Della Cerra
Traguardo Champions senza precedenti per la Roma, ma mancano le strutture: l’ennesima beffa per il movimento senza campi
La favola della Roma di Spugna, nel “buona la prima” del professionismo che associa l’annata delle conquiste romane all’indiscutibile dominio bianconero per i posti che contano, risultato immediato e man mano più tangibile del cambio di passo del movimento, si scontra col dato materiale d’uno sport dominato storicamente dal “maschile” nella sua rappresentazione e narrazione dominante, e ancora debilitato nel poter ammettere spazi di realtà alla propria controparte. Spazi tanto metaforici quanto concreti. Così, il Tre Fontane, stadio casalingo del team al femminile della Capitale che ha conquistato l’accesso al più illustre palcoscenico europeo, non può entrare in Champions: non c’è l’impianto d’illuminazione adeguato per disputare le gare in fascia serale, come previsto dal regolamento. “All’origine di tutto, un contenzioso con mille intrighi e poche risposte, che vede discutere ormai da tempo la società Eur SPA, proprietaria dell’area, il Comune di Roma, proprietario del campo, e il gestore del Tre Fontane”, sostiene Marta Bonafoni su Repubblica “Della diatriba sappiamo di uno scambio di lettere; poi lo scalpore, poi appunto più niente”. […]