Una politica senza palle
Alla penosa condizione delle donne nel nostro paese (la drammatica disoccupazione, innanzitutto) fa riscontro il silenzio del discorso pubblico, specialmente evidente nell’asfittico dibattito elettorale. Solo in parte compensato dall’impegno di rafforzare la rappresentanza di genere nelle candidature dei partiti della sinistra e, più importante, dalla collocazione di eleggibilità delle donne in lista. Il silenzio, tuttavia, a volte è persino preferibile al linguaggio maschilista in cui si esprimono i leader a caccia del voto femminile.
Nei giorni scorsi, durante un comizio, Beppe Grillo, per magnificare le proprie liste, ha voluto dipingere le candidate a cinque stelle come «donne non con le labbra di polistirolo e il culo di gomma, ma donne con due palle così». A parte l’immagine horror di questa rappresentanza femminile in versione pallosa, l’idea che la sostiene è rivelatrice del più antico, stereotipato, convenzionale sguardo del maschio “progressista”. Come se l’emancipazione e la liberazione della donna fosse non il rispetto della differenza, ma l’adeguamento dell’altro sesso al modello viriloide: anziché generata da una costola, siamo moderni e scendiamo più in basso.
Per fortuna la comunicazione è sempre un’arma a doppio taglio e così Luciana Littizzetto, di fronte a dieci milioni di telespettatori, gli ha risposto da par sua: «non vogliamo essere donne con le palle, abbiamo due tette, ci bastano». L’antivalletta del Festival non avrebbe potuto dir meglio, proprio nella giornata dedicata al «one billion rising», con le città del mondo segnate dalle manifestazioni contro il femminicidio. E la kermesse nazional popolare per eccellenza, con la sottolineatura (in parole e musica) anche dei matrimoni gay, potrebbe essere battezzata come l’edizione festivaliera dei diritti civili.
Combattere i luoghi comuni dell’italietta che, da destra a sinistra, riproduce il pensiero unico (cattolico e apostolico), per di più armato in senso proprio fino a fare della violenza la causa prima di morte delle donne, è lavoro di lunga lena. Il berlusconismo, sessuofobico portatore di un narcisismo mortifero, ha sfigurato la donna nel profondo. Risalire la china non sarà semplice.
Nel parlamento di domani speriamo di vedere una rafforzata rappresentanza femminile: la quantità, in un paese culturalmente arretrato come il nostro, sarà già il segno di un cambiamento. Ma soprattutto non abbandoniamo la speranza di poter assistere, all’affermarsi di un’agenda di genere in grado di ricostruire i connotati alla politica. Anche e finalmente senza palle.
Norma Rangeri, Il Manifesto
16 febbraio 2013