Marta Bonafoni

Naufragio con cento morti a largo della Libia

Rachele Gonnelli, IL Manifesto

Sono annegati in 97 a sole sei miglia dalla costa ovest di Tripoli, tutti migranti arrivati in Libia dall’Africa subsahariana. Erano a bordo di un grosso gommone bianco stracarico ed evidentemente danneggiato già in partenza: il portavoce della guardia costiera di Tripoli, Ayoub Qassem, ha detto all’agenzia Reuters che la base dell’imbarcazione non ha retto, si è sfasciata, portando a fondo la maggior parte delle persone a bordo, tra cui quindici tra donne e bambini.

La guardia costiera libica è riuscita a recuperare solo ventitrè naufraghi, quelli in grado di nuotare. I migranti salvati sono stati portati nella caserma della guardia costiera a Qarqaresh, alla periferia della capitale, dove – sempre secondo le dichiarazioni di Ayoub Qassem – sono stati rifocillati e curati. E nelle prossime ore probabilmente verranno trasferiti nei nuovi centri di detenzione per migranti aperti a Tajura, nei sobborghi a nord-ovest della città, che per altro sarebbero già stracolmi.

MARE DI MORTI Questi 97 morti, ufficialmente «dispersi in mare», vanno ad aggiungersi ai 664 morti o dispersi stimati dall’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) fino al 9 aprile scorso, quasi tutti – oltre il 90 per cento – in naufragi simili sempre lungo la rotta Libia-Italia. Oltre agli africani, per lo più in fuga dalla grave siccità che ha colpito il Sahel, si sono recentemente aggiunti verso quest’unica porta d’ingresso pericolosa e illegale verso l’Europa anche migranti che hanno fatto un percorso molto più lungo. Il portavoce dell’Oim a Roma, Flavio Di Giacomo, fa infatti notare che tra gli oltre 2.100 migranti soccorsi in mare e portati in Italia di recente, c’erano anche circa 500 bengalesi e 50 siriani.

La rotta del Mediterraneo centrale è però sempre più rischiosa. L’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, calcola che si è passati da 1, 8 morti a 3,4 ogni 100 arrivi. Ma il rischio di morire, o di essere torturato e abusato, è molto frequente anche a terra, in Libia.

MERCATO DI SCHIAVI Un recente rapporto dell’Oim – che ha avuto molto risalto sulla stampa britannica in questi giorni corredato da interviste a migranti sbarcati in Italia – parla del mercato degli schiavi in Niger e a Sahba, nel sud ovest della Libia, dove i prezzi per un uomo o una donna oscillano tra i 200 e i 250 dollari. Come già riportato dalle testimoonianze raccolte dalla ong romana anti-tratta BeFree, i migranti subsahariani sono venduti e comprati dai trafficanti libici, e le donne violentate e costrette a prostituirsi, con il supporto di migranti ghanesi o nigeriani assoltati come «kapò» nei compound di detenzione. L’ufficio libico dell’Oim calcola che in Libia i migranti in attesa di imbarcarsi per l’Europa, quasi sempre dal porto di Sabrata, sulla costa di nord-ovest, siano tra gli 800 mila e il milione.

ONG CONTRO FRONTEX Le accuse formulate due giorni fa dal direttore esecutivo dell’agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, contro le ong che salvano – ha ammesso – «i due terzi dei migranti in mare con le loro navi di soccorso mentre mai come oggi quel tratto di Mediterraneo è pieno di navi pubbliche», cioè militari e le 11 di Frontex. Leggeri ha accusato però le ong umanitarie di collaborare con i trafficanti: «sappiamo di casi in cui gli scafisti hanno dato ai migranti che si imbarcavano i telefoni delle ong». La denuncia di Frontex viene definita «una fake-news» dall’imprenditore Michael Buschheuer a capo e della ong tedesca Sea Eye che nel 2016 da sola ha salvato oltre 5.500 vite umane. Mentre Riccardo Gatti, della ong spagnola Proactiva Open Arms a bordo della nave Golfo Azzurro, ha detto che nell’ultimo mese hanno subito intimidazioni e pressioni «da parte di forze di polizia e ufficiali di Frontex», saliti a bordo per frugare nei conti e negli stili di vita degli operatori.

PAESE «SICURO» L’Italia e la Ue firmano Memorandum e promettono centinaia di milioni a Tripoli e ai capitribù del Fezzan per tenersi i migranti, ma la situazione non è affatto pacificata. Si è anzi innescata una nuova escalation della guerra civile per il controllo del Fezzan e della via tra Sebha e Jufra tra la «Brigata 12», fedele al generale Haftar, e le milizie misuratine chiamate «Terza forza». Tanto che gli ambasciatori di Russia, Usa, Cina, Gb e Francia – riporta l’agenzia Nova – si dicono preoccupati.

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