Marta Bonafoni

Roma. Non si piange su una città coloniale. Note sulla politica romana

Giovedì 12 Novembre, ore 18.00
Esc – Atelier Autogestito
Via dei Volsci, 159 – Roma

Presentazione del libro di Walter Tocci

Roma. Non si piange su una città coloniale. Note sulla politica romana (goWare 2015)

Ne discutono con l’autore:

Marta Bonafoni

Augusto Illuminati

Cristian Raimo

Enzo Scandurra

LUM – Libera Università Metropolitana

“C’è una crisi capitale del governo della capitale che va al di là della grave patologia attuale e richiede un’analisi a ritroso non solo dei guasti delle giunta di destra, ma anche delle ambiguità e delle incompiute del riformismo precedente”. “Può sembrare quasi provocatorio – e non nascondo l’intenzione – proporre una discussione sul futuro della città quando incalzano le emergenze amministrative e il fallimento della classe politica. I problemi della vita quotidiana quasi mai si risolvono caso per caso se non si cambia il paradigma che li determina. Nasce il cambiamento solo se si prende congedo dalla contingenza per immaginare un’altra visione delle cose”.

“La politica non si è solo personalizzata, si è anche statalizzata, anzi i due processi si sono alimentati vicendevolmente. Nel trentennio che voleva privatizzare ogni cosa proprio la funzione politica curiosamente ha seguito il cammino opposto incistandosi nella macchina amministrativa e perdendo la linfa che un tempo veniva dal radicamento sociale e dalla produzione culturale. Il politico è diventato una sorta di funzionario che aderisce totalmente alla logica della burocrazia locale, nazionale ed europea. Viene meno quel distacco che è connesso alla capacità progettuale. Da qui deriva la crisi della cultura di governo – soprattutto della sinistra che ha più bisogno di progettualità – e l’identificazione delle pseudo riforme con l’ipernormativismo.”

Queste citazioni sono tratte dall’ultimo libro di Walter Tocci, Roma. Non si piange su una città coloniale. Note sulla politica romana, pubblicato da goWare nella primavera del 2015. Un lavoro che ha il pregio di ripercorrere criticamente, con estrema lucidità e piglio genealogico, la storia delle ultime amministrazioni romane, di centro-sinistra e di destra e che ha intravisto quello che da lì a poco sarebbe accaduto: la caduta, meglio, la destituzione dall’alto della giunta Marino.

Ancora di più, dopo le ultime vicende, Roma si presenta come una città coloniale. Non solo sul lato economico: una città fondata su uno sviluppo senza sedimentazione, su sacche crescenti di povertà e di lavoro gratuito, su fette consistenti di “capitale-mafia”. Ma anche sul lato politico: il nesso elettivo, il mandato democratico, sembrano cedere il posto a inedite forme di commissariamento manageriale della città. Due prefetti, chiamati a sostituire un sindaco che aveva già da tempo perso le basi del suo consenso sociale. Il tutto all’insegna di una logica che non dismette, ma che al contrario accentua, i tratti dell’emergenzialismo. Il mantra, attraverso il quale viene inaugurata la nuova gestione della città, è quello dei Grandi Eventi, dal Giubileo alla candidatura alle Olimpiadi del 2020. Una logica di carattere puramente amministrativo-prefettizio, che chiude gli spazi della discussione democratica e dell’azione politica. Una città che attraversa una crisi politica, sociale, economica, che sembra essersi definitivamente cristallizzata. Eppure, Roma può e deve riscattarsi. L’attuale scenario deve essere occasione per riaprire una discussione sul governo della città, sull’invenzione di nuove forme istituzionali, sul superamento dalle condizioni di povertà e di sfruttamento.

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