Cie Ponte Galeria: il rimpatrio dei cittadini che si cucirono la bocca conferma la crudeltà di queste “carceri abusive”
Il peggior segnale che poteva arrivare dal Cie a poche ore dalla manifestazione di domani. Davvero un pessimo preludio, mentre movimenti e associazioni si stanno organizzando dietro lo slogan del corteo “Mai più Cie, chiudiamo Ponte Galeria” fatto mio anche nella mozione presentata in Consiglio regionale.
La notizia del rimpatrio nel loro paese per i 15 cittadini nordafricani, che a dicembre si cucirono le bocche in segno di protesta contro le condizioni in cui erano costretti a vivere, segna un’evoluzione tutta in negativo della questione Cie, sulla quale esprimo tutto il mio disaccordo e biasimo.
I protagonisti di quella dolorosa ed estrema protesta messa in atto per attirare l’attenzione del mondo al di la’ delle “porte ingiustamente serrate” del Centro, non solo non sono stati ascoltati, non solo non hanno ricevuto risposte concrete, ma vengono oggi rimpatriati senza nessuna considerazione del viaggio di dolore, sacrifici e pericoli che hanno dovuto affrontare per arrivare in Europa.
Neppure il gran clamore suscitato dal loro appello al Papa, neppure la considerazione in cui il Presidente della Repubblica Napolitano ha tenuto la loro lettera, sono riusciti a bloccare un tritacarne burocratico-legalitario, che incurante delle drammatiche storie personali di questi uomini e donne ingiustamente reclusi nei Cie, continua a trattarli alla stregua di pacchi postali da rispedire al mittente.