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Di lui dicono che è un mito vivente…. e in effetti a stargli vicino viene il batticuore.
Domenica ho avuto il privilegio di passare una serata con Pepe Mujica.

Un giro per conoscere la realtà di Agricoltura Capodarco (in cui era attratto e incuriosito da tutto, fossero le piante, la malvasia o il panorama di Roma). Una cena in cui si è concesso con gentilezza alle domande e alle foto di tutti quelli che gli si avvicinavano.
In mezzo un’assemblea, densa delle sue parole forti, semplici e precise.

Mujica – a Grottaferrata, mentre c’era la luna piena – ci ha detto che dobbiamo essere capaci di dare valore al tempo e alla libertà. E che fare politica vuol dire innanzitutto “dedicare molto tempo agli affetti e alla relazione umana”. Poi ha detto che “serve diffondere la mentalità contadina”, quella che si preoccupa dell’acqua e della terra. Per la fondamentale lotta alle disuguaglianze da cui passa il senso dell’impegno politico ha ribadito l’importanza del “mondo cooperativo”, il mettersi insieme dei tanti come antidoto alla forza egoista dei pochi. Infine: “la politica deve amministrare le contraddizioni della società, deve saper mitigare. E imparare dalle persone umili”.

Nell’estate dei ponti crollati e del Paese spezzato, dei sequestri di persona fatti nel nome dei confini, delle pallottole sparate un po’ a caso e un po’ no contro chi ha la pelle nera, non potevo chiedere un rientro migliore.

Dagli occhi piccoli e immensi di Pepe Mujica passa un’agenda di lavoro per tutte e tutti noi. Lui la chiama felicità.

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