Non si può risparmiare sul benessere psichico
28 Gennaio 2022 – di Marta Bonafoni
All’inizio era il vuoto dell’isolamento in casa, il conteggio delle vittime, i camion militari di Bergamo. Oppure il dramma di un padre ricoverato in terapia intensiva e i figli costretti a stargli lontano, con le telefonate al reparto e il terrore degli aggiornamenti. La pandemia da Covid19 è stata sin da subito anche una gigantesca questione di salute mentale. Con l’impatto psicologico di un fatto epocale, allo stesso tempo individuale e globale, la dimensione della malattia non più relegata a faccenda privata ma questione collettiva.
Ed è una storia, quella della relazione tra il Covid e il disagio psicologico, destinata a non arrestarsi. Il primo a funzionare come detonatore di ansia e depressione latenti, il secondo moltiplicato dagli effetti indiretti del virus: il distanziamento, la Dad, la convivenza forzata in case ad alta conflittualità se non in presenza di situazioni di vera e propria violenza. È sull’onda di questa emergenza che la Regione Lazio nei giorni scorsi ha messo in campo il cosiddetto “bonus psicologo”, 2,5 milioni di euro per far fronte subito agli effetti psicologici di questa sorta di Long Covid collettivo, e anche un modo per rispondere alla criticatissima bocciatura dell’emendamento da 50 milioni di euro della finanziaria nazionale.
«Strumento errato per un obiettivo giusto», così Left il 14 gennaio ha titolato un bel pezzo di Massimo Cozza nell’ultimo numero del settimanale. Un’affermazione tutt’altro che sbagliata, ma che allo stesso tempo tralascia la cornice in cui si colloca oggi il bonus. Il Lazio in particolare è appena uscito da un regime di commissariamento della sanità che ha oggettivamente indebolito il sistema territoriale dentro il quale ricade la presa in carico del benessere psicofisico delle persone: fra tutti, i dipartimenti di salute mentale e i consultori (e la loro fondamentale funzione per gli adolescenti). […]