Marta Bonafoni

Migranti come schiavi battuti all’asta in Libia

Marco Bresolin, La Stampa

Quanto vale la vita di un uomo? In Libia, se si tratta di un centrafricano «forte, adatto al lavoro nei campi» meno di 800 euro. Con una base d’asta di 500. Una cifra inferiore a quella spesa per arrivare fin lì, affidando il proprio destino ai trafficanti. È un agghiacciante reportage della Cnn che svela i contorni più crudi della tratta di esseri umani in Libia, dove i migranti vengono venduti all’asta come schiavi. Braccia da sfruttare al di là del Mediterraneo, non essendo più possibile buttare quei corpi su un gommone da mandare in direzione dell’Europa, dell’Italia, alla deriva.

Il documento giornalistico arriva nel giorno della grande accusa lanciata dall’Onu per il piano che ha chiuso la rotta del Mediterraneo Centrale insieme con gli occhi di Italia e Unione Europea. Un patto “disumano” con le autorità libiche – secondo l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Raad Al Hussein – che ha risolto solo l’ultima parte del problema immigrazione, quello visibile «al di qua». Sono diminuiti gli sbarchi e le vittime in mare. Ma al di là del Mediterraneo continua a succedere quello che succedeva prima. Anzi, con il blocco delle partenze, forse pure peggio.

«Migliaia di detenuti denutriti e traumatizzati». Donne e bambini ammassati gli uni sugli altri in capannoni «senza alcun tipo di accesso ai servizi minimi essenziali». Episodi di «schiavitù moderna, stupri e altre forme di violenza». Questo succede, accusa l’Onu, nelle «terrificanti prigioni» libiche. Gli osservatori sono rimasti «scioccati» nel vedere «le sofferenze dei migranti detenuti in Libia». Che, accusa Zeid Raad Al Hussein, «sono un oltraggio alla coscienza dell’umanità». Tutto ciò, insistono le Nazioni Unite, per evitare che queste persone raggiungano le coste europee. Senza che «l’Ue e i suoi Stati membri abbiano fatto nulla per ridurre gli abusi».

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