Top

08 Lug, 2013

“In Italia 30 mila piccoli schiavi”. L’allarme lanciato da Save The Children

Trentamila piccoli schiavi. Tutti in pericolo. Tutti senza infanzia. Tutti sotto scacco da parte di un ”padrone”. Sono una parte dei 260 mila bimbi o adolescenti italiani che lavorano. Ovvero 1 su 20: il 5,2 per cento di tutti quelli sotto i 16 anni. Lo denuncia il rapporto di Save The Children e dell’Associazione Bruno Trentin, nell’aggiornare i dati sul lavoro minorile, che erano fermi a 11 fa.

Aumenta il numero, cala l’età. Hanno tra i 7 e i 16 anni. Lavorano perché ne ha bisogno la famiglia, oppure per autofinanziarsi, oppure perché la scuola ha fallito, e se li è persi, e non se li riprenderà mai più. Sono per metà maschi e per metà femmine (queste ultime 46 per cento). Quattro su dieci lavorano in modo più o meno occasionale, gli altri no. Uno su quattro lavora per periodi lunghi fino a un anno, talvolta più di 5 ore al giorno (2 su 10). Altri di più, molto di più.

SCHIAVI
Sono i trentamila ai quali è negato del tutto il lusso dell’infanzia, dello studio, della salute, della sicurezza, della spensieratezza. E vivono da grandi, a faticare senza tutele né rispetto, a raccattare spiccioli, a farsi sfruttare, schiavizzare, maltrattare. Sono coloro che non giocano, non sognano, non ridono, non studiano, non fanno nulla di ciò che dovrebbero fare i bambini. Coloro che vivono con davanti un futuro identico al presente ed al passato, senza nulla che assomigli a un progetto, a un cambiamento, a un’occasione, a un desiderio. Nelle storie raccolte da Save, quasi tutti svolgono «un lavoro pericoloso per la salute, la sicurezza, l’integrità morale, anche di notte, in modo continuativo, senza nessuno spazio per il riposo, lo studio o il divertimento».

INTRAPPOLATI
E che lavori fanno? Il 40 per cento in attività di famiglia. Gli altri no. Minuscoli baristi, camerieri, commessi, ambulanti, sciampiste, agricoltori. Muratori. Nicola, a 12 anni, lo fanno salire sulle impalcature di 20/25 metri, «e il primo giorno avevo le vertigini e stavo svenendo, ma poi mi aggio abituato». Napoli: tanti sono lì. La maggior parte vivono al Sud. Ma ce ne sono tanti anche nel Nord Est, a Milano, a Roma..«Non ci sono i soldi per permettere ai figli di studiare -racconta un assistente sociale della Capitale- e così si incoraggia il figlio a trovare il lavoretto, per la famiglia significa tanto».

Salari non negoziabili: «Se chiedi quanto mi dai, ti mandano immediatamente via», racconta Andrea, 16 anni. «Nonostante gli orari pesantissimi, le paghe risibili e i rischi per la salute, la maggioranza di loro non hanno la consapevolezza di esser sfruttati, non sanno nemmeno cosa sia un contratto di lavoro», spiega Raffaella Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save The Children.

PUSHER
La trappola si allarga quando il lavoro non si trova, «e l’opportunità dei soldi facili coinvolge i ragazzi in attività criminali». Arrivano i reclutatori. Reclutano con poco sforzo. Piccoli pusher, piccoli ladri, piccoli rapinatori crescono. La mamma non lo sa. O invece sì, talvolta.
Racconta un volontario di Napoli: «Quando non ci stanno le entrate per mangiare, e il proprietario di casa dà lo sfratto, hai voglia a dire al figlio “non a rubare”. Quello risponde “ma io un lavoro non ce l’ho”. E allora la madre si rassegna, e dice ”che ci posso fare?”». E non fa più domande. E lascia stare.

Marida Lombardo Pijola, Il Messaggero

04 Lug, 2013

Regione Lazio: un primo passo per il contrasto della violenza di genere

L’approvazione della mozione contro il femminicidio da me presentata e sottoscritta dalle consigliere del gruppo “Per il Lazio” e dai presidenti delle commissioni sanità (Rodolfo Lena) cultura (Eugenio Patanè) e sicurezza (Baldassare Favara), dimostra un grande senso di responsabilità da parte del Consiglio regionale, sensibile su un tema di grande urgenza sociale. Sono pienamente soddisfatta del risultato ottenuto, frutto di un dibattito partecipato e approfondito. La mozione era un atto doveroso nei confronti delle tante donne uccise brutalmente per mano di un uomo, in molti casi ex compagno o marito.

Di particolare rilievo l’impegno ribadito anche in aula dall’assessora alle pari opportunità Concettina Ciminiello che ha assicurato come richiesto dalla mozione, il rifinanziamento dei centri antiviolenza nel Lazio, a partire dal prossimo assestamento di bilancio, nonché la convocazione del tavolo con le associazioni e le realtà che nel nostro territorio si occupano di violenza di genere.

Il voto di oggi che arriva dopo poche settimane dall’avvio dei lavori del consiglio regionale, conferma la nostra volontà di porre il contrasto della violenza di genere tra le priorità del lavoro del consiglio e della giunta. E il dibattito che ne è seguito in aula ha confermato che i tempi sono maturi per puntare alla soluzione di un problema prima di tutto culturale sulla cui risoluzione la regione Lazio investirà energie e risorse.

04 Lug, 2013

Ottima l’attenzione di Ignazio Marino sulle terre pubbliche ai giovani

Condivido a pieno l’iniziativa dei giovani delle associazioni Terra!, daSud e della Cooperativa Co.r.ag.gio che oggi consegneranno al sindaco di Roma, Ignazio Marino, 10mila firme raccolte sulla piattaforma Change.org insieme al Coordinamento romano per l’Accesso alla Terra. Offrire l’opportunità ai giovani agricoltori di poter utilizzare i terreni agricoli abbandonati è una delle migliori strade per uscire dalla crisi attuale.

L’attenzione dimostrata dal sindaco Marino, accogliendo le associazioni, è un primo segnale di interesse da parte delle istituzioni che va sicuramente apprezzato. Con il consigliere regionale di Sel, Gino De Paolis, ad  aprile ho presentato una proposta di legge affinché la Regione Lazio dia inizio ad un censimento delle terre pubbliche e si predispongano le adeguate procedure per la loro assegnazione ai giovani.

In questo modo possiamo creare nuove opportunità lavorative schierandoci anche a favore dell’antimafia e della legalità, mettendo in campo azioni concrete per scongiurare che questi beni comuni vengano sottratti alle cittadine e ai cittadini della nostra Regione.

02 Lug, 2013

Vicenda CEM: le istituzioni sono più vicine alle persone

Un altro ‘piccolo’ ma concreto gesto di avvicinamento delle istituzioni regionali ai bisogni reali delle persone e alla difesa concreta del diritto alla salute.

Non posso che essere soddisfatta per la positiva risoluzione della vicenda del CEM – Centro di educazione motoria – di via Ramazzini sotto minaccia di chiusura a causa di un rimpallo di responsabilita’ e passaggi burocratici che hanno messo a rischio il prosieguo dell’attivita’ assistenziale della struttura.

Agli oltre 100 pazienti disabili in gran parte adulti, di cui 45 in regime assistenziale residenziale, grazie al protocollo d’intesa firmato dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, dal presidente provinciale della Croce rossa italiana, Flavio Ronzi, e dal commissario straordinario della Asl RmD, Alessandro Cipolla sara’ garantita l’assistenza scongiurando ogni rischio di chiusura o trasferimento in altre sedi.

L’accordo raggiunto oggi superando i tanti inutili cavilli burocratici e’ importante perche’ riporta serenita’ e tranquillita’ alle famiglie degli assistiti e a quelle dei lavoratori impegnati nell’assistenza dei disabili. La risoluzione della questione CEM rappresenta un altro passo verso quel modello di difesa del diritto alla salute incardinato su un principio di giustizia che vogliamo assicurare a tutti i cittadini e le cittadine del Lazio.

02 Lug, 2013

La violenza di genere nei graffiti di Piazza Tahrir

Il fenomeno della violenza sulle donne non è nuovo nelle strade egiziane, soprattutto dopo la rivoluzione del 25 febbraio 2011. Da allora i disordini politici e la confusione all’interno degli organi di sicurezza hanno portato alla proliferazione dei crimini, compresi quelli di natura sessuale. Quello a cui si assiste ora in piazza Tahrir e negli altri luoghi di protesta sembra però andare oltre a un semplice problema di sicurezza pubblica.

A febbraio l’associazione femminista Nadhra ha pubblicato un report dettagliato sul fenomeno. Le molestie sessuali sistematiche all’interno dei luoghi di protesta, e l’atteggiamento tollerante verso questi crimini da parte delle autorità, vengono descritti come un vero e proprio tentativo di allontanare le donne dagli spazi pubblici e dalla politica. Quelli usati sono strumenti di tipo terroristico, che utilizzano la paura della violenza e della condanna sociale come armi di intimidazione.

Le reazioni da parte dei gruppi di attivisti non si sono fatte attendere. Alcuni di essi si sono repentinamente organizzati in “gruppi di scorta”, come le associazioni Tahrir bodyguard e Operation anti sexual harassment, che hanno creato veri e propri protocolli di sicurezza per le donne che desiderano partecipare alle proteste, protette dai dimostranti maschi con schemi quasi militari. Questi gruppi forniscono anche supporto psicologico alle vittime delle violenze, e stanno ora tentando di formare un fronte di protesta compatto che richiami le autorità e le forze politiche alle proprie responsabilità.

Ma la reazione non si è fatta attendere nemmeno sui muri di Piazza Tahrir, da due anni e mezzo vero e proprio luogo narrativo dei fenomeni che attraversano la lunga transizione egiziana.

Il fenomeno risale già all’epoca di dominio dei militari. Durante quel periodo vi fu il drammatico episodio di una manifestante che fu ripresa mentre veniva selvaggiamente aggredita da alcuni poliziotti in divisa. L’episodio è rimasto nella memoria di molti perché la ragazza, che inizialmente era completamente coperta dal velo e una lunga tunica (abaya), durante le percosse venne quasi denudata scoprendo il reggiseno blu che portava. Da allora “The blue bra” è diventato un simbolo della violenza delle forze di sicurezza sulle manifestanti donne.

Sono stati già molte decine i casi di stupro finora denunciati, ma si teme sia solo la punta di un iceberg. La società patriarcale egiziana tende ancora a considerare lo stupro prima di tutto come un disonore per la donna che lo subisce, e questa pressione psicologica impedisce a molte ragazze di denunciare la violenza subita.

Il fenomeno, e la coraggiosa reazione dei gruppi di manifestanti e delle associazioni femministe, rappresentano una delle molte convulsioni che attraversano la società egiziana in repentino cambiamento da due anni a questa parte; una lotta per una piccola rivoluzione all’interno della rivoluzione egiziana stessa: la rivendicazione del diritto delle donne alla presenza ideale e, soprattutto,fisica all’interno degli spazi pubblici e nella politica.

Le foto sono tratte dal post di Mona Abaza su Jadaliyya

ISPI

01 Lug, 2013

“Io, espulso dall’Itala dopo 30 anni, ma ormai non so più l’arabo”

“Senato’, m’hanno detto che mi riportano nel mio paese. Benissimo, allora fateme uscire da qui. Perché io sto già nel mio paese”. Fuori diluvia, eppure è estate. Ma il cortocircuito di Cherif, l’italiano clandestino, è un ossimoro ancora più efficace. Cherif ha poco più di cinquant’anni. Da trenta vive in Italia.

Leggi l’articolo

30 Giu, 2013

REviving high-rise Blocks for cohesive and green neighborhoods

Roma 10-12 luglio 2013

Mercoledì 10 luglio 2013
17.45 Incontro informale degli ospiti stranieri all’Isola Tiberina
18.15- 20.00 passeggiata aperitivo nel centro di Roma (Ghetto and
Trastevere)
20.00 -… “continua la passeggiata …

Giovedì 11 luglio 2013
08.45 partenza dall’Hotel con Minibus degli ospiti stranieri
09.30 – 12.30 Visita di Tor Sapienza e incontro degli stakeholders locali
– Quartiere Morandi/Blocks Area Morandi
Associazione Antropos, Centro Culturale Morandi/Cultural Center Morandi,
Centro Rifugiati/Refugee Center)
– Area Industriale/Industrial Area (Gruppo Recupero Centro Carni)
– Mercato/Market (Agenzia Sviluppo Locale Quartiere/Local Development
Agency)
– Aree da riqualificare/Requalification Area (Scuola ex Vittorini/ Ex Vittorini
School)
– Campo Rom (Meeting with the network ONU – Aleramo operatori
dell’usato/Aleramo second hand operators)
– Borgata storica Tor Sapienza
(Agenzia di Quartiere/Neighbourhood Agency, Centro Michele Testa/
Michele Testa Association)
12.30 – 14.00 Pranzo al Centro Michele Testa di Tor Sapienza (Catering
Progetto Cucina Meticcia) – Via Filippo De Pisis 1
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”
14.00 – 18.15 Incontro e discussione con gli stakeholders locali
Presso il Centro Michele Testa, Via Filippo De Pisis 1,
Presentazione della situazione locale: team di progetto dell’Università di Tor
Vergata e Urban Local Support Group Coordinator (15 min)
Presentazioni dei Knowledge ambassadors in relazione alle tematiche di REBlock
(10 min ciascuno)
Discussione aperta coordinata dagli esperti dell’Università di Tor Vergata
Interverranno
Centro Michele Testa (10 min.)
Municipio V (10. Min)
Agenzia di Quartiere Tor Sapienza (10 min.)
Centro di Orientamento al Lavoro (10 min.)
Antropos (10 min.)
Ater (10 min.)
18.15– 19.00 Ritorno all’Hotel degli ospiti stranieri
20.00 RE-BLOCK formal dinner

Venerdì 12 luglio 2013
09.00 Partenza dall’hotel con Minibus degli ospiti stranieri
09.45 – 10.15 Incontro all’Università di Tor Vergata – Facoltà di economia
(Via Columbia 2, Edificio B ricerca)
Gruppo di lavoro dell’Università di Tor Vergata e Urban Local Support Group
Coordinator presenteranno le prime ipotesi per una strategia di rigenerazione
di Tor Sapienza (primi suggerimenti per il Local Action Plan)
10.15 – 10.30 Coffee break
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”
10.30 – 13.00 Gruppo di lavoro dell’Università di Tor Vergata , Urban Local
Support Group Coordinator e Knowledge Ambassadors discuterranno sulle
possibili soluzioni insiemi a rappresentanti di :
– Ministero delle Infrastrutture (URBACT)
– Regione Lazio
– Comune di Roma
– Municipio V
– Stakeholders locali
13.00 – 14.30 Pranzo di arrivederci
14.30 Ritorno all’Hotel degli ospiti stranieri
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Prof.ssa Maria Prezioso – Coordinatore Scientifico e Knowledge
Ambassador
Dr. Ing. Pietro Elisei – Project Manager/Designer and KA
Dr. Ing. Angela D’Orazio – Assistant Scientific Coordinator
Dr. Riccardo Troisi – ULSG Coordinator.

30 Giu, 2013

Regione Lazio: un piano contro il femminicidio

Una mozione al voto il 4 luglio: con la convenzione di Istanbul anche la Regione può fare molto.

Ogni atto legislativo che si rispetti dovrebbe avere sempre lo sguardo rivolto alla vita delle persone, ai loro bisogni, alla pienezza delle loro esistenze.

La mozione contro la violenza di genere e il femminicidio che arriva al voto del Consiglio Regionale del Lazio oggi nasce invece da due morti, due donne morte per l’esattezza: Alessandra Iacullo e Chiara Di Vita, uccise a distanza di poche ore l’una dall’altra in due quartieri diversi della città di Roma, Alessandra per mano di un uomo con cui aveva avuto una relazione, Chiara uccisa da suo marito.

“Femminicidi” sono stati, e di femminicidi parla anche la mozione che come prima firmataria ho scritto un attimo dopo aver letto quelle cronache, e che ha raccolto in un batter d’occhio sia le firme delle altre 4 consigliere donne del mio gruppo, Per il Lazio, che le firme dei presidenti delle commissioni Sanità e Politiche Sociali, Cultura e Sicurezza della Pisana.

Con la Convenzione d’Istanbul appena ratificata dal Parlamento italiano, ancora in assenza e nell’attesa di una legislazione nazionale che prenda di petto la lotta alla violenza di genere (destinandole anche le fondamentali risorse di cui necessita), sono molte le cose che la Regione Lazio presieduta da Nicola Zingaretti può e deve fare.

Intanto avviare un monitoraggio dei centri anti-violenza e delle case rifugio presenti nei nostri territori, per riconoscerne ruolo e importanza, non fargli mancare mai più i fondi in bilancio, lavorare a un loro incremento. Poi molte sono le iniziative che si possono dispiegare nel fondamentale campo della cultura, dell’informazione, della formazione per una reale parità di genere e contro la discriminazione tra uomo e donna: penso al lavoro che possiamo fare nelle scuole, coi programmi e coi progetti, al controllo che possiamo esercitare sulla pubblicità e i media, alle iniziative culturali che possiamo portare in giro per le 5 province del Lazio da qui ai prossimi 5 anni.

C’è l’ambito della repressione, chiaramente, e del sostegno alle vittime e ai loro figli (Zingaretti per esempio si è già impegnato a far sì che sia la Regione a garantire il diritto allo studio alle due figlie di Michela Fioretti, l’infermiera di Ostia uccisa dal marito il 18 aprile scorso).

Subito occorre infine aprire un dibattito sull’utilità di avviare nel Lazio un Osservatorio sulla violenza di genere e naturalmente aprire un tavolo ampio, partecipato, immediatamente operativo che metta insieme le moltissime associazioni ed esperienze di donne che da anni si battono, con fatica ed energia, contro la violenza di genere e per la democrazia, di tutte e tutti noi.

Leggi il testo della mozione