29 Ott, 2015
Sociale a sinistra
MArtedì 1 dicembre, ore 17.30
Circolo Sel Primavalle
Via F. Borromeo, 33 – Roma
a
29 Ott, 2015
MArtedì 1 dicembre, ore 17.30
Circolo Sel Primavalle
Via F. Borromeo, 33 – Roma
a
29 Ott, 2015
Lunedì 30 novembe, ore 17.30
Centro Congressi Cavour
Roma
26 Ott, 2015
Sabato 28 novembre, ore 11.00
Biblioteca Elsa Morante
Via Aldo Cozza, 7 – Ostia
16 Ott, 2015
Sabato 21 novembre, ore 9.30
Piazza Esedra
Roma
15 Ott, 2015
In questi giorni sono venuti in visita diplomatica a Roma Daniel Placeres ed Heber Bousses, deputato e dirigente del MMP – Movimiento de Partecipaciòn Popular – il partito del grandissimo presidente dell’Uruguay Pepe Mujica.
Ho avuto la fortuna di incontrarli lunedì mattina.
Grazie a Giulio Marcon e a Carlo De Angelis, nella saletta riunioni del gruppo #Sel a Montecitorio.
Sono state ore di un’intensità potente.
Come le loro parole: potenti e semplici.
Ci hanno raccontato del valore dell’#umiltà in politica, che non vuol dire avere una visione impoverita della democrazia ma mettersi all’altezza delle persone nel momento in cui si prendono le decisioni.
Ci hanno raccontato di #sceltepopolari, non populiste, ossia di quando chi è al governo punta innanzitutto a dare una casa a tutti, un reddito per istruire i figli, un frigo con cibo sufficiente per mangiare, la possibilità di divertirsi con gli amici nel week- end.
Ci hanno detto di come per unire il Frente Amplio occorra partire dalle #pratiche della politica capaci di coagulare consenso, e non dalle distinzioni ideologiche, che portano inevitabilmente dritto verso le divisioni.
Ci hanno raccontato di come interpretano loro il loro stare in Parlamento e nelle Istituzioni: stanno là per aprire le #porte alla gente.
Infine Placeres ed Heber hanno consegnato nelle nostre mani il seguente suggerimento: fate innamorare i #giovani del vostro programma.
Ecco. Io penso che noialtri dovremmo attrezzarci a fare tutto questo.
Con semplicità e passione. Innamorandoci da capo della politica.
09 Ott, 2015
Ci ho dormito su.
Dopo una giornata passata a votare un’ottima legge contro l’usura mentre tutto attorno cresceva il rumore delle macerie che venivano giù.
Dopo un pomeriggio vissuto accanto a tanti bravissimi amministratori municipali, addosso i brividi di una doccia fredda, le lacrime calde agli occhi.
Dopo una serata seduta in macchina sfiorando Roma in cui ancora una volta mi sono trovata a pensare “ci risiamo, di nuovo la mia città vive momenti difficilissimi”.
Provo a dire la mia sulle #dimissioni del Sindaco #Marino.
Per un attimo lascio da parte la questione degli scontrini, pur pensando che il tema non sia il rimborso ma – nel caso – la menzogna. Lascio perdere il giornalismo quanto riesca ad essere un pessimo mestiere quando si allea di fatto alle peggiori consorterie. Mi tolgo dalla testa persino quella che penso essere ora la faccia soddisfatta di #Renzi, che da mesi aveva il dito pronto sul pulsante “game over” e non vedeva l’ora di pigiarlo.
Io semplicemente oggi penso questo.
Che il Sindaco #Marino dopo aver gloriosamente voltato le spalle ai soliti poteri forti e criminali della Capitale, non è stato capace di fare l’altro gesto necessario a governare Roma: guardarla negli occhi.
Non si è messo alla sua altezza, non l’ha ascoltata fino in fondo, non ha stabilito con lei un’empatia.
Quindi non l’ha capita.
Dopo aver scansato le mani dalla città, non ha posato davvero lo sguardo sulla città.
Difficilmente questa cosa potrà accadere nei prossimi venti giorni.
05 Ott, 2015
Il 7 novembre al Teatro Quirino i parlamentari della sinistra presentano un’altra idea d’Italia
La legge di stabilità che il governo Renzi ha proposto al paese non risolve i problemi dell’Italia, sembra scritta con la mano destra e non mette al centro della scena i soggetti deboli che hanno pagato il prezzo piu’ alto della crisi.
Abbiamo affrontato in questi mesi passaggi difficili. Sempre dalla stessa parte: dalla battaglia sulla riforma della Costituzione al giudizio drastico sul Jobsact, dalla mobilitazione sulla Buona scuola alla domanda di una svolta radicale in Europa rispetto alle politiche di austerità.
Il merito è stato, è e sarà sempre la bussola – anche nelle differenze – che ci guiderà nelle scelte che dovremo assumere durante questa legislatura.
La natura della maggioranza che sorregge oggi il Governo Renzi ha acquisito sempre più le caratteristiche della palude trasformistica.
L’ingresso di Verdini e company nella alleanza costituente segna una ulteriore evoluzione di quel Partito della nazione teorizzato da tempo da Matteo Renzi, neocentrista e neocentralista insieme, che assume il principio della governabilita’ come valore in sé, al netto della cifra culturale delle opzioni che vengono messe in campo.
E produce anche uno sfregio mortale al messaggio che l’esito del voto nel 2013 aveva lanciato alla politica tradizionale e soprattutto al centrosinistra italiano: la necessità di agire una riforma della politica, di cambiare metodi e forme di partecipazione, di mettere fine alla degenerazione etica che aveva segnato la stagione declinante della II Repubblica.
Occorre promuovere uno schieramento della buona politica in questo Parlamento per condizionare i processi politici e avanzare una proposta credibile di alternativa di governo.
Lo possiamo fare se riusciamo a produrre un fatto unitario.
Un nuovo gruppo parlamentare non è la traduzione automatica della nuova soggettività politica della sinistra che tutti vogliamo costruire.
Un partito ha tempi più lunghi, ha bisogno di avere le radici ben piantate nella storia democratica italiana, necessita di fusioni calde e processi partecipativi reali, costruisce un programma fondamentale che attraversa stagioni parlamentari e aggredisce i grandi cambiamenti che caratterizzano il mondo.
Il Gruppo parlamentare è invece uno strumento a disposizione dei territori, un presidio istituzionale di competenze e di passione, un luogo di elaborazione di proposte per una sinistra di governo, riformista e radicale.
Uno spazio aperto, laico e plurale, dove le differenze debbono vivere ed essere valorizzate in un percorso collettivo.
Un gruppo dove possano abitare non solo le forze che espressamente vengono dalla tradizione della sinistra nelle sue varie articolazioni, ma anche chi ha ritenuto esaurito il suo percorso nel Movimento 5 stelle.
Un polo della Riforma della Politica che contrasti le politiche del Governo Renzi, competa sul terreno di un’opposizione di merito e non demagogica con il Movimento Cinque stelle e con il blocco delle destre, che si candidi a rappresentare l’espressione piu’ autentica dei valori contenuti nella nostra Carta Costituzionale, che sappia affrontare i prossimi appuntamenti – dalla legge di stabilita’ ai delicatissimi scenari internazionali che si aprono, dal quarto passaggio delle riforme costituzionali all’attacco al diritto di sciopero – dispiegando una capacità propositiva capace di attraversare il paese.
Abbiamo già avanzato alcune proposte importanti, tra cui il nostro piano per il lavoro: lo porteremo nelle piazze e nei luoghi di lavoro, sui territori e nei luoghi della sofferenza e del conflitto.
Troppe sono le urgenze del paese e troppe le domande a cui divisi non riusciamo più a rispondere.
Il tempo non è una variabile neutra se guardiamo cosa accadrà nel paese già nelle prossime settimane.
Si muovono già oggi gli studenti che domandano diritti e rispetto, i lavoratori del pubblico impiego in attesa di un contratto che rischia di trasformarsi in una mancia, le partite iva ancora una volta penalizzate, i pensionati a cui si chiede di aspettare un altro anno, gli amministratori locali falcidiati dai tagli.
Se vogliamo parlare una sola lingua con loro abbiamo bisogno di un’unica agenda di cambiamento.
E abbiamo bisogno di offrirla ora al Paese per movimentare un quadro politico statico che tende a fagocitare ogni spinta critica.
Se vogliamo trasformare la società italiana, se vogliamo promuovere equilibri piu’ avanzati nella battaglia parlamentare occorre essere disponibili a trasformare se stessi. Noi siamo pronti e lo faremo.
Vi aspettiamo sabato 7 novembre alle ore 10.00 al teatro Quirino a Roma per scrivere insieme una nuova pagina della storia della sinistra italiana.
05 Ott, 2015
“E’ con gioia e voglia di fare insieme che diamo il benvenuto alla Consigliera Daniela Bianchi, nel nostro gruppo regionale” A dichiararlo sono Gino De Paolis e Marta Bonafoni, Capogruppo e Consigliera Sel alla Regione Lazio, a margine della Conferenza stampa svoltasi in Via Arenula 29, sede di Sel nazionale.
“Si perfeziona una collaborazione che di fatto già esiste, sui temi e sulle prospettive: con Daniela abbiamo condiviso idee e proposte in Consiglio regionale fin dall’inizio, perché vicine le nostre sensibilità e la nostra idea di Regione. Siamo felici che questo sia avvenuto, quindi, come un processo naturale, dentro un percorso che sostiene con forza il lavoro di trasformazione che il Presidente Zingaretti ha avviato ormai da due anni e mezzo.
Diventiamo un po’ più forti oggi, grazie all’ingresso di Daniela Bianchi, con la sua storia e il suo percorso politico, ma lo diventa in generale la Sinistra del Lazio e del Paese, che guarda alla sfida del governo facendosi carico di avanzare proposte e prospettive innovative, sul piano locale e su quello nazionale.
C’è bisogno di centro-sinistra e il Lazio lo sta dimostrando: il lavoro di Sel va tutto in questa direzione, mettendosi a disposizione di un sogno più grande, di un processo che vogliamo sia partecipato, democratico e inclusivo. A Daniela gli auguri di buon lavoro”
01 Ott, 2015
La commemorazione di Pietro Ingrao pronunciata da Alfredo Reichlin in piazza Montecitorio.
Vorrei esprimere il più grande rammarico per la scomparsa di Pietro Ingrao. Per l’uomo che egli è stato, il grumo di pensieri e di affetti anche familiari che ha rappresentato, ma soprattutto per il segno così profondo e tuttora aperto e vivo che egli ha lasciato nella vita italiana.
«È morto il capo della sinistra comunista», così, con questo flash, la Tv dava domenica pomeriggio la notizia. In questa estrema semplificazione e nei commenti di questi giorni io ho visto qualcosa che fa riflettere.
Vuol dire che dopotutto questo paese ha una storia. Non è solo una confusa sommatoria di individui che si distinguono tra loro solo per i modi di vivere e di consumare. Ha una grande storia di idee, di lotte e di passioni, di comunità, e di persone, anche se questa storia noi non l’abbiamo saputa custodire.
Perché volevamo la luna? Oppure perché non l’abbiamo voluta abbastanza?
Non lo so. So però che adesso siamo giunti a un passaggio molto difficile e incerto della nostra storia. E che la gente è confusa e torna a porsi grandi domande e ad esprimere un bisogno insopprimibile di nuovi bisogni e significati della vita.
Si affaccia sulla scena una nuova umanità. E io credo sia questa la ragione per cui la morte di Pietro Ingrao (un uomo che taceva da quasi 20 anni) ha così colpito l’opinione pubblica.
Perché era di sinistra? Di questa antica parola si sono persi molti significati. E tuttora non quello fondamentale: la lotta per l’emancipazione del lavoro, il cammino di liberazione dell’uomo dalle paure e dai dogmi; la libertà dal bisogno e al tempo stesso la assunzione di responsabilità verso gli altri.
Forse mi sbaglio ma sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano, che dicono la verità, che non sono dei rompiscatole, che certamente si rendono conto che il vecchio non può più ma vedono anche lucidamente che il nuovo non c’è ancora. E che perciò si interrogano su come riempire questo vuoto molto pericoloso, il lacerarsi del tessuto che tiene insieme popoli e Stati.
Pietro Ingrao non ci ha dato ovviamente la risposta a questi quesiti ma ci ha detto una cosa fondamentale: che la politica non si può ridurre a mercato o a lotte di potere tra le persone. Che ad essa bisogna dare una nuova dimensione, anche etica e culturale.
Questa è la lezione di Pietro Ingrao. Una lezione che resta, e anzi appare più che mai necessaria. E’ la riscoperta della politica non come mito e orizzonte irraggiungibile ma come consapevolezza della propria vita.
La più grande passione laica: la costruzione di una nuova soggettività, e quindi di uno sguardo più profondo attraverso il quale leggere le cose, la realtà. E quindi agire. Per assumere il compito che la vicenda storica reale pone davanti a noi.
Tutti parlano di Ingrao come l’uomo del dubbio. Lo farò anch’io. Ma prima di tutto Pietro, per me, è stato questo: la fusione tra politica e vita, la politica come storia in atto. Noi volevamo la luna? In effetti di parole troppo grosse come rivoluzione non si parlava mai. Si parlava molto però, e con enorme passione, della lotta per cambiare il tessuto profondo, anche culturale e morale, del paese. L’idea di un avvento delle classi lavoratrici al potere per una propria strada.
L’essenziale era partire dagli ultimi, come renderli protagonisti e come dar vita a nuove strutture sindacali, politiche, culturali, cooperative. Come non lasciare gli uomini soli di fronte alla potenza del denaro.
Questa fu la nostra grande passione. Immergersi nell’Italia vera, aderire a «tutte le pieghe della società». E questa passione io non l’ho vista in nessuno così assillante come Pietro Ingrao. Fu Pietro Ingrao, una mente libera, cocciuta e assetata di conoscenza. È tutto qui il famoso uomo del dubbio. Non era uno scettico: voleva capire. Non era un ingenuo, sapeva lottare e colpire (dirigeva dopotutto un grande giornale popolare che era un’arma formidabile) ma sapeva che per vincere bisogna prima di tutto capire quel tanto di verità che c’è sempre, in fondo, e in qualche misura, nel tuo avversario. Insomma, l’egemonia.
Ingrao l’uomo giusto.
Credo che questo spieghi il paradosso per cui colui che le dicerie consideravano il delfino di Togliatti è lo stesso che comincia a sentire l’insufficienza della grande lettura togliattiana dell’Italia come paese arretrato in cui il compito storico dei comunisti era risolvere le grandi «questioni» storiche: il Mezzogiorno, la questione agraria, il rapporto col Vaticano.
Questa lettura, nell’insieme, non riusciva più a dare conto delle trasformazioni che cominciavano a cambiare radicalmente il volto dell’Italia: il passaggio da paese agricolo a paese industriale, una biblica emigrazione che svuotava le campagne del Sud, l’avvento dei consumi di massa, la rivoluzione dei costumi.
Poi ci furono molte altre vicende e anche rotture. Le nostre strade si divaricarono. Fummo tutti travolti dalla contraddizione lacerante tra la potenza crescente dell’economia che si mondializzava e con i mercati senza regole che governano le ricchezze del mondo e il potere della politica che non riesce a darsi nuovi strumenti sovranazionali.
Ma questa è materia ormai degli storici. È la mondializzazione, il terreno nuovo su cui se fosse ancora tra noi Pietro Ingrao ci inviterebbe a scendere.
Una cosa è certa. Abbiamo bisogno di nuovi dubbi e di nuove analisi. Abbiamo bisogno di nuovi giovani come Ingrao. Sono le cronache delle tragedie disperate dei migranti le quali ci dicono che si sta formando una nuova umanità.
Abbraccio i figli, la sorella, i nipoti e i pronipoti del mio vecchio amico, che da stasera riposerà in pace nella sua Lenola.
30 Set, 2015