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24 Dic, 2017

IusSoli un affossamento che ha niente di umano e col sapore della ferocia

Non sentire il dovere morale di stare in aula al proprio posto. Magari anche per votare no, ma starci.

Intendere il proprio ruolo di rappresentante del popolo con una leggerezza tale da pensare “me ne vado prima a fare la pausa di Natale, bella lì…”.

Anteporre numeri e calcoli (anche elettorali, certo) alla coscienza a posto di chi avrebbe potuto dire di avercela messa tutta.

Aver spiattellato così, senza pudore, che per mesi si sono presi per i fondelli quegli 800.000 bambini e ragazzi, e con loro i nostri figli loro compagni di scuola e di gioco.

La vergogna più grande dell’affossamento bipartisan dello #IusSoli sta qui. In una politica che ha dimenticato la sua missione originaria: avere a che fare col miglioramento delle condizioni di vita di tutti e di ciascuno.

Una specie di riedizione del #MeNeFrego, solo apparentemente meno feroce.

15 Nov, 2017

Migranti come schiavi battuti all’asta in Libia

Marco Bresolin, La Stampa

Quanto vale la vita di un uomo? In Libia, se si tratta di un centrafricano «forte, adatto al lavoro nei campi» meno di 800 euro. Con una base d’asta di 500. Una cifra inferiore a quella spesa per arrivare fin lì, affidando il proprio destino ai trafficanti. È un agghiacciante reportage della Cnn che svela i contorni più crudi della tratta di esseri umani in Libia, dove i migranti vengono venduti all’asta come schiavi. Braccia da sfruttare al di là del Mediterraneo, non essendo più possibile buttare quei corpi su un gommone da mandare in direzione dell’Europa, dell’Italia, alla deriva.

Il documento giornalistico arriva nel giorno della grande accusa lanciata dall’Onu per il piano che ha chiuso la rotta del Mediterraneo Centrale insieme con gli occhi di Italia e Unione Europea. Un patto “disumano” con le autorità libiche – secondo l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Raad Al Hussein – che ha risolto solo l’ultima parte del problema immigrazione, quello visibile «al di qua». Sono diminuiti gli sbarchi e le vittime in mare. Ma al di là del Mediterraneo continua a succedere quello che succedeva prima. Anzi, con il blocco delle partenze, forse pure peggio.

«Migliaia di detenuti denutriti e traumatizzati». Donne e bambini ammassati gli uni sugli altri in capannoni «senza alcun tipo di accesso ai servizi minimi essenziali». Episodi di «schiavitù moderna, stupri e altre forme di violenza». Questo succede, accusa l’Onu, nelle «terrificanti prigioni» libiche. Gli osservatori sono rimasti «scioccati» nel vedere «le sofferenze dei migranti detenuti in Libia». Che, accusa Zeid Raad Al Hussein, «sono un oltraggio alla coscienza dell’umanità». Tutto ciò, insistono le Nazioni Unite, per evitare che queste persone raggiungano le coste europee. Senza che «l’Ue e i suoi Stati membri abbiano fatto nulla per ridurre gli abusi».

18 Ott, 2017

A Roma una marcia contro il razzismo e per la solidarietà

Marina Della Croce, Il Manifesto

Sarà una giornata per dire no al razzismo, ma anche agli accordi che Italia e Europa stanno siglando con alcuni Paesi africani per imprigionare i migranti sull’altra sponda del Mediterraneo. E contro le leggi Minniti-Orlando su immigrazione e sicurezza che non solo non fanno alcuna distinzione tra chi delinque e chi invece arriva nel nostro Paese in cerca di lavoro, ma aboliscono anche il secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto di asilo.

Sarà una giornata come a Roma non si vedono da anni. L’appuntamento è per sabato prossimo e sono attese migliaia di persone da tutta Italia. Solo l’Arci – tra le sigle che hanno promosso l’iniziativa insieme a Libera, A Buon diritto, Amnesty International Medu e altre – ha organizzato 22 pullman, altri sette sono attesi dalla Campania e poi da Lecce, Bari, Milano, Genova, Bologna. «Abbiamo bisogno di giovani, ragazze e ragazzi italiani e nuovi cittadini per costruire il futuro di questo Paese» si legge in una lettera-appello firmata da monsignor Raffaele Nogaro, don Luigi Ciotti, Andrea Camilleri, Enrico Ianniello, Moni Ovadia. Toni Servillo, Giuseppe Massafra, Luciana Castellina e Carlo Petrini. Per chi deciderà di aderire alle 14,30 da piazza della Repubblica partirà un corteo che attraverserà via Cavour e via Merulana per concludersi in piazza Vittorio.«Un mondo laico e religioso vasto – spiega una nota dell’Arci – che da sempre è schierato in difesa del diritto di migrare e che agisce in prima persona, anche disobbedendo a decisioni italiane ed europee che sono in aperto contrasto tanto con la nostra Costituzione che con i fondamentali principi internazionali».

Da anni assistiamo a un escalation di comportamenti sempre più aggressivi nei confronti di migranti, rom e qualunque forma di diversità. Dalle ruspe leghiste per spianare i campi rom si è arrivati in poco tempo a siglare accordi con milizie libiche alle quali è stato affidato il compito di impedire ai barconi carichi di disperati di prendere il mare. Il modo in cui questo avviene è, come raccontano innumerovoli testimonianze, tenendo prigionieri uomini, donne e bambini in centri all’interno dei quali le violenze fisiche e psicologiche sono all’ordine del giorno. Da una settimana l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, sta lavorando a Sabrata, in passato uno dei principali punti di partenza dei barconi diretti in Italia, per assistere circa 14 mila migranti che le milizie libiche tenevano prigionieri all’interno di hangar, magazzini, case e fattorie, riuscendo in questo modo a far diminuire notevolmente il numero di sbarchi nel nostro Paese. La maggior parte dei migranti tratti in salvo sono traumatizzati e agli operatori dell’Unhcr hanno raccontato di aver subito violenze sessuali, di essere stati costretti a lavori forzati o a prostituirsi. «La strada degli accordi con i regimi dei paesi dall’altra sponda del Mediterraneo – scrivono tra gli altri monsignor Nogaro e Andrea Camilleri – non solo implica aiuti economici e governi opachi dalla democrazia malconcia, ma il prezzo dell’alleanza con le milizie libiche vuol dire costruire un inferno dove i migranti sono torturati, stuprati o mandati a morire di sete nel deserto, come ha denunciato l’Onu».

Una strada che l’Europa, Italia in testa, sembra decisa a percorrere sempre più e la recenti successi elettorali ottenuti in Germania e Austria da forze xenofobe e populiste non faranno altro che rafforzare ulteriormente questa scelta. Utilizzando anche l’ipocrita distinzione tra rifugiati e migranti economici, «etichette – proseguono i firmatari della lettera-appello – con le quali si classificano gli sventurati che attraversano l’Africa e il Medio Oriente sperando nell’accoglienza dell’Italia e dell’Europa. I rifugiati, come i cosiddetti migranti economici, tentano tutti di sfuggire alla morte».

Al corteo parteciperanno anche numerose realtà e centri sociali dietro uno striscione che ricorderà come «Nessuna persona è illegale». Tra gli altri ci saranno i romani di Baobab, Action, Esc, Communia, ma è è prevista anche la partecipazione di realtà milanesi, bolognesi e da Genova. «Vogliamo essere in piazza – è scritto nell’appello dei centri sociali – perché riteniamo urgente rispondere al clima di odio razziale e di guerra ai poveri che sta imperversando nelle nostre città e che viene alimentato ad arte dal razzismo istituzionale e dallo sciacallaggio d formazioni esplicitamente neofasciste. Vogliamo essere in piazza insieme agli uomini e alle donne migranti che continuano a mostraci grande coraggio e determinazione nel disegnare le proprie rotte e costruire il proprio futuro».

16 Ott, 2017

Dal voto austriaco alla manifestazione #Nonèreato la battaglia è sull'”identitarismo”

Rubrica n.5 in diretta su #RadioPopolare

Per la seconda volta in cinque settimane ci troviamo a commentare un risultato elettorale europeo arrivato sull’onda della paura e della stretta sui #migranti.

In Italia Berlusconi e Salvini già litigano sulla vittoria del giovane austriaco #Kurz… più popolare o più di destra? Forse la risposta sta nel 26% di voti preso dagli xenofobi!

Questo lunedì si apre anche all’insegna della calcolatrice nostrana: si contano i senatori necessari a far passare il #Rosatellum a Palazzo Madama, si contano i miliardi (pochini) della manovra del governo.

Non si contano più invece le denunce ai danni del molestatore seriale Harvey Weinstein, e di tutti gli altri. L’hashtag #quellavoltache se usato fino in fondo ho il sospetto che brucerebbe ogni trend topic.

Infine, note a margine della settimana.
Nel vocabolario del 2017 è entrata a pieno titolo la parola #identitarismo.
Sabato a Roma si manifesta contro il #razzismo.

Ps la rubrica torna lunedì prossimo alle 7.50 in diretta su radiopopolare.it

Qui trovate il podcast: http://www.radiopopolare.it/podcast/il-demone-del-tardi-copertina-di-lun-1610

03 Ott, 2017

3 ottobre 2013, la tragedia rimossa dall’odio

Filippo Miraglia, Il Manifesto

Tre ottobre 2013, al largo dell’isola di Lampedusa morirono in un naufragio 368 persone.

Quella data, il 3 ottobre, è stata dichiarata, con una legge approvata dal Parlamento, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Si trattò di una vera tragedia, documentata da immagini strazianti, come la lunga fila di bare nell’aeroporto dell’isola, che fece in pochi minuti il giro del mondo.

Il governo italiano dopo poche settimane attivò, per la prima volta, un programma pubblico di ricerca e salvataggio, Mare Nostrum, che consentì a decine di migliaia di persone di salvarsi.

Poi, come, sempre, le diffuse tendenze razziste del nostro Paese, e del vecchio continente, hanno avuto il sopravvento, nel dibattito pubblico e nell’orientamento dei governi.

Chiuso Mare Nostrum, prende definitivamente il sopravvento il punto di vista dei predicatori d’odio.

Ogni tanto qualche barlume di umanità davanti ai morti. Come davanti alle immagini del corpo del bambino siriano, Aylan, sulla spiaggia di Bodrum. Ma si tratta, quasi sempre, di parole e impegni di circostanza, di lacrime di coccodrillo.

Le politiche sull’immigrazione sono andate e continuano ad andare sempre nella stessa direzione: chiudere, fermare, controllare, respingere. La criminalizzazione dell’immigrazione e della solidarietà è proceduta a grandi passi, per dare solide basi di consenso alle scelte dei governi e dell’Ue.

In questi anni le frontiere sono state ulteriormente blindate. Sono andate avanti con grande impegno le iniziative volte a esternalizzare le frontiere, scaricando su altri governi e Paesi l’onere di fermare i flussi e di respingere.

Ricorrendo ad uso distorto e strumentale delle risorse per la cooperazione allo sviluppo. Prima la Turchia di Erdogan e poi la Libia di Serraj. Con grande dispiegamento di diplomazia e di denari pubblici.

La memoria delle vittime dell’immigrazione non sembra aver scalfito il cinismo di chi continua a considerare questo tema un’arma di distrazione di massa (le destre xenofobe e razziste) e di chi invece è convinto che per sottrarre un argomento alle destre bisogna giocare d’anticipo e, parafrasando il comico, non lasciare il razzismo ai razzisti.

Il 3 ottobre è una giornata di lutto.Per quei 368 esseri umani sterminati dalle politiche di gestione delle frontiere e per le migliaia che sono morte dopo quel giorno: 15.289 persone, secondo i dati ufficiali forniti dall’Unhcr. Più di 10 morti al giorno.

Gran parte di queste persone non ha un nome e mai avrà una degna sepoltura. I loro corpi non saranno restituiti alle famiglie. Una giornata nella quale non è accettabile esprimere solidarietà senza denunciare le politiche che hanno prodotto e continuano a produrre la strage che avviene davanti ai nostri occhi.

Non c’è spazio per una neutralità che non condanni le cause della strage.

Per fermarla bisogna far cambiare le politiche dell’Ue e dei governi europei, a partire dal nostro, e mettere in campo politiche e leggi alternative, che consentano alle persone che sono obbligate o vogliono partire di rivolgersi agli stati e non ai trafficanti

In Italia e in Europa c’è una parte consistente dell’opinione pubblica, non solo gli antirazzisti, che pensano che le vite delle persone e i loro diritti vengano prima degli interessi elettorali dei partiti.

Questa parte sana della società oggi non ha spazio e non le viene data, se non raramente, la parola.

Molto più spazio e visibilità è dato a chi predica l’odio, a chi criminalizza l’immigrazione e la solidarietà.

Il prossimo 21 ottobre è stata lanciata una manifestazione nazionale contro il razzismo. Una grande occasione per riprendersi le piazze e dar voce a chi non vuole arrendersi alle stragi e alla cancellazione dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione.

* vicepresidente nazionale Arc

02 Ott, 2017

La Catalogna, i migranti e il Nobel per la pace

Rubrica n.3 in diretta su #RadioPopolare.

Considerazioni sparse dopo il voto in #Catalogna: 1) non ci sorprende ma ci colpisce come ancora una volta l’Europa col suo silenzio emerga in tutta la sua fragilità; 2) tanti ed enormi sono i punti interrogativi aperti sulle prossime ore; 3) #Rajoy impressionante per la sua colpevole incapacità: prima del voto aveva detto “nessuno riuscirà a votare” (e si è visto), ieri sera ha dichiarato “non c’è stato nessun referendum” (peccato che con le cariche, i proiettili di gomma, il sangue e le centinaia di feriti tutte le telecamere del mondo si sono accese sulla Spagna ieri).

In Italia riparte il lavoro comune tra #Mdp e #CampoProgressista. In fondo è stato “facile”, è bastato togliere dal tavolo il nome di Renzi e mettere quello di Gentiloni, e iniziare finalmente a parlare delle cose da fare: via i super ticket della sanità, più fondi per i giovani e la scuola. Trattative sulla legge di stabilità partite, insieme. Per ora.

3900003… è il numero stampato sul braccialetto giallo che indossava Papa Francesco ieri durante l’incontro con i rifugiati a Bologna. Domani è la Giornata contro i morti in mare, quasi 400 vittime al largo di #Lampedusa nel 2013. Ma in Italia sembra che anche “pietà l’è morta”…

Il 6 ottobre a Oslo verrà assegnato il #Nobel per la Pace. Qualcuno se lo ricorda? Quest’anno uno strano silenzio dei media accompagna il riconoscimento, eppure i venti di guerra tra #Trump e la Corea del Nord non lasciano tranquillissimi i pacifisti!

Ps la rubrica torna lunedì prossimo, come sempre alle 7.50 in diretta su radiopopolare.it

Qui trovate il podcast: http://pod.radiopopolare.it/demonecopertina_1_02_10_2017.mp3

30 Set, 2017

Migranti e violenza sulle donne, basta con i falsi allarmi mediatici

Marta Bonafoni, Left

In questi giorni mi è capitato di pensare: Quando abbiamo smesso di contare i morti? Il 3 ottobre cadrà l’anniversario del naufragio del 2013: quasi 400 vittime davanti Lampedusa. Una tragedia che era riuscita ad emozionare – persino a mobilitare – l’opinione pubblica italiana intorno a quello che è a tutti gli effetti un genocidio: almeno 2300 morti nel Mediterraneo negli ultimi 8 mesi.

26 Set, 2017

Ricollocamenti, il flop dell’Ue che rafforza i populisti

Carlo Lania, Il Manifesto

La coincidenza dei tempi non avrebbe potuto essere peggiore. Oggi scadono infatti i termini fissati due anni fa dalla Commissione europea per il programma di ricollocamento dei richiedenti asilo da Italia e Grecia e la data ha finito col sovrapporsi ai risultati delle elezioni in Germania che hanno visto una forte affermazione dell’estrema destra. Risultati che adesso non fanno sperare in niente di buono per quanto riguarda le politiche sull’immigrazione che Bruxelles potrebbe adottare a partire da domani. Ma andiamo con ordine.

Se non proprio annunciato, quello delle relocation era un fallimento abbastanza prevedibile visto l’atteggiamento riluttante, quando non proprio ostile, con cui gli Stati europei hanno dato seguito alla proposta fatta nel 2015 dal presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker di dividersi 160 mila profughi (soprattutto eritrei e iracheni) provenienti dai due Paesi che sopportano da sempre il peso della crisi dei migranti. In 24 mesi i rifugiati effettivamente trasferiti sono stati però appena 27.695, contro i 6.000 al mese ottimisticamente preventivati da Juncker. Di coloro che hanno trovato accoglienza, appena 8.451 provengono dall’Italia, contro i 34.953 posti disponibili. Altri 3.443 potrebbero aggiungersi nei prossimi giorni. Stando ai dati del Viminale sono infatti 1.256 le richieste di trasferimento già approvate, 992 quelle in attesa del via libera da parte dello Stato di accoglienza e 1.195 le domande istruite e per le quali deve essere ancora individuato un Paese destinatario.

Per correre ai ripari questa mattina a Bruxelles il commissario Ue all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos chiederà agli Stati membri una proroga del programma, proponendo di proseguire con i ricollocamenti fino a quando non sarà varata la riforma di Dublino. E qui l’amarezza per l’insuccesso del programma rischia di trasformarsi in beffa. Insieme all’Italia a spingere di più per cambiare il regolamento che assegna al Paese di primo ingresso la presa in carico del migrante sono stati finora Francia e Germania. La cancelliera Angela Merkel ha però sempre rinviato ogni discussione a dopo le elezioni tedesche. Ora che le urne hanno parlato, le sue prime dichiarazioni sembrano frenare ogni voglia di mettere mano a Dublino. «Dobbiamo capire le paure degli elettori dell’AfD e riconquistarli», ha spiegato dopo il voto.

Il successo del partito di estrema destra tedesco rafforza la posizione di quanti sono contrari all’accoglienza e frenano anche per riformare Dublino. A partire da Ungheria, Repubblica ceca, Polonia e Slovacchia, con i primi tre paesi già nel mirino della commissione Ue, ma anche l’Austria, chiamata anch’essa al voto tra meno di un mese. I sondaggi danno in testa Sebastian Kurz, 31enne ministro degli Esteri e leader dei popolari, uno che vorrebbe confinare i migranti a Lampedusa e non perde mai occasione per minacciare la chiusura del Brennero.

A questo punto la cosa più probabile è che prima di Dublino Bruxelles decida di ritoccare il Trattato di Schengen. A spingere in questa direzione sono Francia e germania ma anche Austria, Norvegia e Danimarca, tutti Paesi che in un documento comune presentato all’ultimo vertice dei ministri degli Interni Ue hanno già chiesto di semplificare le norme che autorizzano il ripristino dei controlli alle frontiere interne prolungandone la durata massina fino a due anni (e non più sei mesi rinnovabili per un massimo di tre volte come accade oggi).

Una richiesta giustificata per motivi di sicurezza legati l pericolo di possibili attacchi terroristici, ma dietro i quali si intuisce anche la volontà di un ulteriore giro di vite nei confronti dei migranti. Lo stesso Avramopoulos non esclude che si possa andare in questa direzione, al punto di aver già annunciato di voler presentare le modifiche entro la fine di settembre. Avramopoulos andrà però incontro anche a un’altra richiesta avanzata da berlino e Parigi, quella di accelerare sui rimpatri degli irregolari. «Dal momento che solo il 36% dei migranti che non ha diritto a restare in Ue viene rimpatriato – ha spiegato il commissario – è chiaro che tutti gli attori devono aumentare il proprio lavoro in modo significativo»

15 Mag, 2017

La scala delle gravità e il senso del rigetto

di Mimmo Cortese, Comune-info

Le dichiarazioni di Debora Serracchiani, dopo l’orribile stupro di una ragazza triestina di 17 anni, fanno rabbrividire. Questo delitto diventa “socialmente e moralmente ancor più inaccettabile” perché è stato commesso da un profugo iracheno, dice la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia.
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Evidentemente, non essendo sicura di essere stata sufficientemente chiara, dopo due righe cerca di spiegarsi meglio rincarando la dose: “Riesco a capire – aggiunge – il senso di rigetto che si può provare verso individui che commettono crimini così sordidi” rompendo il “patto di accoglienza” con il nostro paese.
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Queste scellerate e inaccettabili parole vanno lette tutte assieme, il razzismo è coniugato strettamente alla sua istigazione attraverso una parola precisa: il “rigetto”. Il rigetto è “verso gli individui”, cioè verso persone in carne ed ossa. Non è l’atto odioso l’obbiettivo, è quella persona che l’ha commesso. Ma, e qui la gravità se possibile sprofonda, quella speciale persona è talmente speciale da non avere né un nome, né un cognome. Quella persona è lo straniero, il profugo. Che si permette addirittura di sbagliare, di commettere un delitto.
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Non so come si possano definire allora quelle parole, se non come un solleticare, e sollecitare, gli istinti più ciechi e violenti in circolazione nel nostro paese.
Ci sarebbe stato da augurarsi, a stretto giro di posta, una dichiarazione di scuse e di ammissione di un grave errore. Invece è arrivato un laconico e glaciale tweet senza nessuna scusa, nessun dispiacere, nessun chiaro rigetto di quelle oscene e violente parole: gli stupri sono tutti uguali ma – viene anzi ribadito – questo è peggio di altri, la rottura di quel patto di cui sopra lo certifica. Non una parola infine sulla “comprensione” del “senso di rigetto”, evidentemente ribadito.
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Affermare la maggiore gravità di un delitto, nel caso in cui a commetterlo sia un profugo o uno straniero, è un atto di grave discriminazione che internazionalmente si definisce xenofobia, indissolubilmente legata al razzismo quando lo straniero ha caratteri somatici ben identificabili e proviene da terre lontane. Affermare di “capire il senso di rigetto” verso lo straniero è una chiara istigazione al razzismo e alle pieghe violente e intolleranti che sempre più spesso si manifestano nel nostro paese.
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Ci sarebbe stato da aspettarsi, a questo punto, che il suo partito prendesse nettamente le distanze invitandola ad un gesto pubblico significativo. Ma, fino ad ora, un inquietante silenzio occupa l’agorà.
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Eppure, nonostante quanto scritto e detto sia già sufficientemente e tristemente chiaro, c’è ancora un aspetto che va considerato. Un aspetto da cui, forse, discende questo modo di parlare, questo singolare approccio alla lingua.
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Alcuni mesi fa Renzi, nel pieno delle polemiche legate alla sua famiglia, affermò: “Se mio padre è colpevole merita una pena doppia“. Solo in apparenza questo genere di affermazioni potrebbero essere definite delle semplici e innocue spavalderie da “bar”.
Il segretario del PD ha sempre cercato, usando questo linguaggio, di essere percepito come “popolare”, come colui che scende dallo scranno dorato e distante del politico e parla con le espressioni della gente. Chiaro e semplice!
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Non rendendosi conto che, seguendo questa strada, l’esito più probabile sarebbe stato confondere la chiarezza con la grossolanità e la semplicità con la superficialità. Non rendendosi conto che la chiarezza e la semplicità non hanno alcuna contiguità con il linguaggio che si manifesta nel cosiddetto buon senso del chiacchierare quotidiano, men che meno con le parole che accompagnano la reazione istintiva alle cose che ci succedono. Chiarezza e semplicità sono il frutto del lavoro lungo e difficile per arrivare al cuore di ogni questione. Sono il frutto della riflessione approfondita, delle domande indagate in ogni loro piega, delle verifiche sulle conseguenze delle scelte intraprese. Sono il frutto di ciò che si definisce senso della responsabilità.
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In realtà l’uso di questo linguaggio ha delle conseguenze ancora più serie. Quando diventa sistematico e perdura nel tempo, soprattutto quando arriva ed emana dai centri del potere, si sedimenta sempre nel profondo, predispone e orienta le persone a un modo di pensare, prefigura sempre lo sviluppo di una cultura.
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Chiedere l’eventuale pena doppia, addirittura con l’enormità di farlo per il proprio padre, non è stata solo una boutade e non ha mostrato affatto – come voleva essere nei suoi intenti – un rigore e un senso dell’etica più profondo, quella richiesta ha detto molto invece sul concetto di giustizia dell’ex premier. Ha detto di un giustizialismo mascherato e veicolato dal “sentire comune” del momento, come ricordava il ministro Minniti qualche giorno fa. Pena doppia! Dando per implicito, come messaggio di fondo, che le regole del diritto definiscono i rapporti e la convivenza solo se placano, subito, il nostro dolore, la nostra urgenza.

E’ in questo filone, credo, che si possono interpretare anche le parole di Serracchiani, il suo linguaggio. Allo stesso modo, sia pure in maniera più greve e incomparabile, rispetto alle capacità comunicative del segretario, il punto sul quale va a concentrarsi è sempre lo stesso, è il concetto di diritto, di giustizia.
Lo stupro commesso da un profugo rifugiatosi nel nostro paese, dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, è più grave perché rompe il patto di accoglienza. E’ più grave dello stupro commesso dal marito? Quel patto d’amore ha un valore minore? E’ più grave dello stupro commesso da un branco di italiani? Il patto di civiltà ha meno valore? Quella moglie e quella ragazza avrebbero una minore ferita, una minore offesa, minore dolore, minore vergogna, minore disperazione in quelle circostanze? Naturalmente no. Ma “oggi” il patto di accoglienza sommuove e confonde la pubblica opinione.La scala delle gravità è una variabile dei tempi.

09 Mag, 2017

Canale di Sicilia mortale: 200 dispersi in due naufragi

Alfredo Marsala, Il Manifesto

Voleva salire su quel maledetto gommone per dare un futuro migliore al bimbo che portava in grembo ormai da nove mesi. Finalmente sarebbe toccato anche a lei dopo mesi di stenti e privazioni nei casermoni lungo la costa libica; al suo fianco il marito. Ma quando tutto sembrava pronto, ecco la tragedia. Quel figlio per il quale aveva deciso di partire è venuto alla luce mentre si trovava in spiaggia; il bimbo c’è l’ha fatta, lei no. E’ morta di parto, mentre il marito, distrutto dal dolore, saliva sul gommone col viso pieno di lacrime, tenendo tra le braccia il neonato.

A raccontare questa straziante storia sono stati alcuni testimoni soccorsi nel Canale di Sicilia, giunti poi a Lampedusa a bordo della «Golfo azzurro» della ong Open Arms, che ha salvato in totale 500 persone, molti siriani, 300 delle quali trasferite poco dopo sulla nave Prudence di Msf sulla quale vi sarebbero il neonato col suo papà, diretta a Crotone. «Ho sentito questo terribile racconto – dice Pietro Bartolo, medico del poliambulatorio di Lampedusa – ma mi sono occupato di un altro bimbo, di appena un mese, che abbiamo trasferito in elisoccorso all’ospedale di Agrigento a causa di una grave crisi respiratoria. In questo sbarco c’erano 15 bambini, molte donne e molti siriani, che hanno ripreso la via di Lampedusa dopo lo scellerato accordo che l’Europa ha fatto con la Turchia. I siriani non si vedevano da tempo e il fatto che siano riapparsi è un segnale che deve far meditare la politica».Nel giro di poche ore sono stati lanciati due allarmi per circa 200 persone disperse in mare. Almeno 113 migranti si sarebbero trovati a bordo di un gommone che si è capovolto al largo di Az Zawiyah, in Libia, ha riferito Flavio Di Giacomo dell’Oim. Gli uomini della guardia costiera libica e alcuni pescatori sarebbero riusciti a salvare solo sette persone, sei uomini e una donna. Secondo i sopravvissuti sul natante si trovavano 120 persone, tra cui 30 donne e 9 bambini.

Sempre al largo della Libia sarebbero dispersi altri 80 migranti, come riferito dai sopravvissuti soccorsi dal cargo danese Alexander Maerks e giunti a Pozzallo (Rg). La tragedia sarebbe avvenuta intorno alle 8 di domenica. Durante la navigazione un gommone con circa 120 persone, probabilmente per l’eccesso di carico, ha cominciato ad imbarcare acqua e si è ribaltato, facendo cadere tutti i migranti in mare. Solo una quarantina di loro è riuscita ad aggrapparsi al natante, rimanendo in acqua per molte ore. Fino a quando non sono riusciti a salire sul mercantile «Maersk».

Il comandante del cargo danese ha confermato il naufragio e ha rivelato che alcuni dei cadaveri sono stati recuperati da un’altra nave impegnata nei soccorsi. Il sostituto procuratore di Ragusa, Marco Rota, ha aperto una inchiesta per naufragio colposo. Accertamenti sono in corso per verificare se il naufragio sia avvenuto in acque libiche o internazionali. Tra i dispersi ci sarebbe anche uno scafista, mentre la polizia sta valutando la posizione di tre persone sospettate di far parte del gruppo alla guida del gommone. Sempre a Pozzallo, la polizia ha arrestato uno dei presunti scafisti dei quattro gommoni, con a bordo 408 migranti sbarcati dalla nave Fiorillo: si tratta di un somalo di 19 anni, Nasrudin I Said, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Altri scafisti, hanno ricostruito i testimoni, sono rientrati in Libia con un altro gommone dopo avere smontato i motori e lasciato alla deriva i natanti in attesa dell’arrivo dei soccorritori in acque internazionali. In manette anche un marocchino che avrebbe tentato l’ingresso clandestinamente che era destinatario di un ordine di carcerazione per furti e rapine commessi a Padova nel 2013. Rimangono sotto osservazione nell’ospedale di Pozzallo le 20 donne in gravidanze ricoverate due giorni fa, 11 delle quali con minacce di aborto: erano a bordo del cargo danese Alexander Maerks.

Dopo il boom di sbarchi nel weekend (oltre seimila), salgono a 43.245 gli arrivi di migranti nel 2017, il 38,54% in più rispetto al 2016, che alla fine è risultato l’anno record con 181mila stranieri giunti via mare; 5.551 i minori non accompagnati. I richiedenti asilo trasferiti in altri paesi europei secondo il piano della relocation sono 5.415.