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09 Gen, 2014

Terre pubbliche, arriva il bando Arsial

L’Agenzia regionale mette mani al patrimonio incolto dalla prossima settimana, mentre all’amministrazione capitolina sarà sottoposto il testo promosso dal vicesindaco. I giovani agricoltori: “Non sprecate una generazione pronta a rimboccarsi le maniche”. La consigliera regionale Bonafoni: “Andiamo verso la legge”.

Quarantaquattromila nel Lazio e più di mille solo a Roma. Sono i numeri dei nuovi imprenditori agricoli, quelli che alla soglia dei trentasette anni dirigono le loro aziende. Abbastanza giovani da rappresentare un’anomalia salutata con entusiasmo dalle categorie di settore. Ma il ricambio generazionale nelle campagne romane è ancora tutto da costruire, come dimostra l’ultimo censimento Istat (2010) che non può tenere conto dei “giovanissimi”, aspiranti contadini senza eredità e credito. A questi, invece, si erano rivolti in campagna elettorale gli amministratori locali, promettendo di mettere a bando le terre pubbliche nei primi cento giorni di governo.

Un ottimismo largamente superato, complice la macchina amministrativa del Comune impantanata negli errori del passato, tra aree verdi ostaggio di compensazioni urbanistiche (peraltro scadute, come dimostra il caso di Borghetto San Carlo) e uffici tecnici “in sofferenza numerica” riferiscono dagli assessorati.

ARSIAL, PRONTO IL BANDO – Marce ingranate invece in Arsial, l’Agenzia regionale che si occupa di agricoltura, dove già dalla prossima settimana verrà presentato il piano per le terre incolte. “Abbiamo completato la ricognizione delle terre insieme all’assessorato regionale – dichiara Rosati – non è emerso un patrimonio immenso nella disponibilità dell’Arsial, ma parliamo comunque di oltre 300 ettari. Lunedì incontreremo il Coordinamento romano per l’Accesso alla Terra per una riunione tecnica e dopo qualche giorno, probabilmente mercoledì, saremo in grado di pubblicare la prima manifestazione di interessi a cui seguirà il bando con le agevolazioni pensate proprio per i giovani”. Otto, secondo le prime indiscrezioni, le aree individuate: in provincia di Roma, a Cerveteri, Viterbo, Nazzano, Magliano Romano, Montalto di Castro, Tarquinia e Proceno.

LA DELIBERA IN CAMPIDOGLIO – Dal Comune nessun passo indietro rispetto al programma elettorale, rassicura l’assessore al Patrimonio, Luigi Nieri: “La delibera è stata scritta, firmata, e consegnata al Segretariato Generale come da prassi – spiega – su questo testo ci confronteremo con la maggioranza a cui sta a cuore il futuro dei giovani agricoltori e approveremo il bando per le terre pubbliche”. “Il patrimonio agricolo deve diventare non solo un elemento di ripresa economica, ma anche e soprattutto un elemento ambientale e culturale” aveva detto il sindaco Marino lo scorso 16 ottobre, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione.

“UNA GENERAZIONE PRONTA A SEMINARE” – E’ quello che chiede da oltre due anni il ‘Coordinamento romano per l’Accesso alla Terra’: “Se è vero che le amministrazioni romane e laziali sono giovani e affrontano notevoli emergenze, è vero anche che quello agricolo è settore un strategico per il rilancio economico e sociale, in grado di valorizzare le risorse migliori del nostro ricco territorio – dichiara il portavoce, Attilio Albiani -, come Coordinamento abbiamo fornito ampie analisi e soluzioni a portata di mano, siamo stati tra i primi in Italia a parlare di terre pubbliche, ma le altre regioni ora sono più avanti”. In Toscana ad esempio, dove è già operativa la ‘Banca della Terra’, a un anno dal varo della legge regionale che istituisce l’Ente ‘Terre di Toscana’. Perfino la ministra dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo, ha accolto un emendamento che riserva il 20% dei terreni agricoli demaniali per l’affitto agli under 40. “Ogni giorno che passa sono soldi e servizi che non produciamo, posti di lavoro che rimangono in attesa – aggiunge Albiani – e questo è grave e sconveniente. I tempi dell’agricoltura non sono quelli della politica, non sprechiamo una generazione che ha voglia di rimboccarsi le maniche, non perdiamo un’altra semina”.

“LA REGIONE FARA’ LA SUA PARTE” – La legge nel Lazio è già scritta, e le sue sorti sono legate al consiglio regionale. La prima firmataria del testo, la consigliera Marta Bonafoni (Per il Lazio) rilancia: “Il 2014 si deve aprire sotto l’insegna delle terre ai giovani, un’operazione che rafforza i tre capisaldi della maggioranza: un nuovo modello di sviluppo, la valorizzazione dell’identità territoriale e le risposte al grandissimo tema della disoccupazione giovanile con la promozione dei talenti”. “La buona notizia, intanto, arriva dall’Arsial – commenta Bonafoni – ora il consiglio regionale dovrà assumersi le sue responsabilità, dotando il Lazio di una legge che è stata depositata all’ottava commissione e aspetta di iniziare il suo iter”. Sui tempi, conclude: “La commissione è stata impegnata in una questione fondamentale, la riduzione delle società regionali, e adesso siamo pronti a ripartire dai giovani”.

Carmen Vogani, PaeseSera

07 Gen, 2014

“La tecnologia non basta, partiamo dall’educazione”

“È uno strumento che permette di capire se le persone che hanno subito atti di violenza saranno sottoposti ad un’escalation oppure se si tratta di un atto che non verrà seguito da altri”, racconta Cecilia Guerra. Si tratta di creare un protocollo per la valutazione del rischio valido in tutta Italia e per ogni soggetto che verrà a contatto con chi ha subito violenze, si basa su alcuni parametri della violenza fisica subita ma anche da alcune caratteristiche dell’aggressore, come la dipendenza da droghe o alcol.
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27 Dic, 2013

Lettera di Natale dal Cie di Ponte Galeria

Quando arrivo a Ponte Galeria alle 5 del pomeriggio del giorno di Natale la conta della protesta è così aggiornata: nel reparto maschile ci sono ancora 4 ragazzi con le bocche cucite, in 16 hanno passato l’ultima notte fuori coi materassi e le coperte e un freddo micidiale, in 24 ancora rifiutano il cibo (cioè saltano colazione, pranzo e cena).

L’eco dello svuotamento del centro di Lampedusa e’ ancora fortissima nonché viziata da un fraintendimento: se hanno liberato loro perché non anche noi? Se lo chiedevano gli “ospiti” del centro romano e così erano pronti anche ad arrampicarsi sui tetti per ottenere lo stesso risultato… Salvo poi accettare la spiegazione: sono stati trasferiti, non liberati.

La libertà non abita le leggi italiane sull’immigrazione.

Al Cie si vede che è Natale perché c’è meno gente, meno personale ad accoglierti all’ingresso.
L’attesa ai cancelli, i primi di una lunghissima serie che fanno di quel posto un luogo di indiscutibile detenzione, dura un po’ più dell’altra volta. Ma sono sempre tutti gentilissimi, disponibili a ogni domanda.

In infermeria un ragazzo straniero si sta facendo visitare dietro il paravento: nessun problema grave e non è uno delle bocche cucite. È proprio davanti alla sala del medico che compare don Emanuele.
“Viene qui spesso?” “Non quanto vorrei, ma tutte le volte che posso. Teniamola viva questa cosa”, mi dice quel prete dallo sguardo mite e chiaro, “questo è un posto assurdo”, aggiunge.

Gli fa eco il più giovane e gentile dei ragazzi di Auxilium che già domenica scorsa mi ha accompagnata in giro per il centro, dice “è così… Anch’io quando mi chiedono che lavoro faccio alla fine rispondo il secondino, vado in giro tutto il giorno con tutte queste chiavi, apro e chiudo cancelli”.

Don Emanuele ha appena finito di celebrare una funzione religiosa nella cappella del reparto maschile del Cie: non proprio una Messa, un momento di parola e di ascolto che ha visto insieme cristiani e musulmani. Li ho trovati stanchi ma sereni mi dice e aggiunge: innocenti. Non per la legge che li ha richiusi la’ penso io.
Don Emanuele ha anche chiesto loro di allentare la tortura che si stanno infliggendo: la vostra protesta sta avendo riscontri perché è pacifica, spiega, ma scucitevi le bocche, fatelo oggi che è Natale.

E ce la fa don Emanuele a smuoverli. Arriva uno dei mediatori del Cie a dircelo, è trafelato, quasi gioioso: hanno smesso, si sono scuciti, per rispetto della vostra religione mi spiegano poi gli stessi migranti. Ma è una sospensione, non un’interruzione, pronti a ricominciare se non arriveranno risposte vere dal governo (presumibilmente, massimo due mesi di permanenza nei Cie con valore retroattivo).

La notizia ci mette di buonumore tutti.
Don Emanuele chiede della carta e una penna: vuole andare a scrivere, con i ragazzi.

Lo raggiungiamo nella sala mensa del reparto maschile: tavoli chiari come quelli delle mense degli uffici, tutti gli ospiti del centro hanno gli occhi stravolti dalla stanchezza, un paio dormono accasciati sul tavolo.
Don Emanuele scrive sotto dettato, una lettera a Papa Francesco.

Qualcuno gli detta i suoi pensieri direttamente in italiano, più spesso c’è bisogno dell’aiuto del mediatore, in fondo alla sala il piccolo rinfresco di Natale preparato dal personale del Cie ( spumante, coca cola, panettone) può aspettare.

Oggi all’Angelus Bergoglio ha parlato dei migranti di Lampedusa, dal Cie di Ponte Galeria hanno parole per lui.

“Santo Padre”, comincia la lettera.
E poi giù un collage di pensieri e richieste che messe una dopo l’altra fanno una lettera spietata, per noi, per colpa delle nostre leggi.

Tu che hai scelto il nome del Santo dei poveri, tu che ti sei voluto chiamare Francesco, noi siamo i nuovi poveri.
Alla legge non chiediamo altro che tempi umani, non vogliamo buttare la nostra vita.
Ci siamo scuciti la bocca ma è solo una pausa, per rispetto della vostra religione, siamo pronti a cucirci di nuovo, anche le palpebre (qui don Emanuele fa fatica a scrivere alla lettera ciò che vogliono i migranti).
La nostra sofferenza è arrivata all’osso, non siamo carne da macello.
Siamo venuti in Italia col miraggio di una vita migliore, finora abbiamo visto solo sbarre.
Per me i Cie sono delle piccole Auschwitz.
Alcuni di noi hanno sbagliato ma tutti hanno diritto a una seconda possibilità.

La morte l’abbiamo già vista nel nostro Paese, la morte l’abbiamo già vista in mare, possiamo anche continuare lo sciopero della fame. Fino alla morte.

In effetti, al Cie di Ponte Galeria in 24 anche stasera, e ormai da cinque giorni, hanno rifiutato la cena.

23 Dic, 2013

“Trattati come animali, era meglio il carcere”

“Come gli animali: in gabbia”. Ahmed lo ripete due, tre volte per spiegare cosa significa vivere dentro un Cie. Lui a Ponte Galeria c’è arrivato tre mesi fa, spedito qui dal carcere di Lanciano dove ha scontato 4 anni per droga. In questi giorni di tensioni e proteste si è fatto portavoce della situazione all’interno del centro: sabato in otto hanno deciso di cucirsi la bocca con ago e filo improvvisati.
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22 Dic, 2013

Cie di Ponte Galeria: situazione disumana, intervenga subito il Governo

Questa mattina sono stata in visita al Cie di Ponte Galeria, dove ieri nove ragazzi si sono cuciti la bocca per protestare contro lo stato detentivo in cui si trovano senza aver commesso alcun reato. Ho parlato con alcuni di loro e mi hanno chiesto un’unica cosa: di poter uscire, di tornare ad essere liberi.

In particolare, mi sono trattenuta con Kerim, 26 anni, arrivato dalla Libia dopo aver pagato 4000 euro quel viaggio della speranza che ormai abbiamo imparato a conoscere anche troppo bene. Anche Kerim, un mese fa, è sbarcato a Lampedusa. Ha iniziato a lavorare, poi, per effetto di una delle peggiori leggi di questo Paese, la Bossi-Fini, si è ritrovato rinchiuso dentro la “nostra Lampedusa”, a Ponte Galeria.

Lo stato detentivo dei reclusi nel Cie, la condizione di totale isolamento e la negazione dei diritti umani, è palese: per raggiungere le gabbie attraverso le quali sono riuscita a parlare con i ragazzi, ho dovuto oltrepassare diverse porte chiuse come i cancelli delle carceri, gli stessi detenuti possono sì muoversi dentro le diverse aree del Centro ma lo fanno sempre all’interno di altissime recinzioni invalicabili.

Da ieri, oltre ai nove ragazzi con le bocche cucite, tutti i reclusi nordafricani, dei 61 trattenuti nell’area riservata agli uomini nel Cie, sono anche in sciopero della fame e alcuni di loro stanno anche saltando le terapie mediche. A detta dello stesso direttore del Centro, Vincenzo Lutrelli, la situazione stavolta è seria, i giovani immigrati  sembrano intenzionati ad andare avanti fino a che non otterranno risposte.

Per questo, ribadendo la necessità di un’immediata cancellazione della legge Bossi-Fini, chiedo nel frattempo un intervento immediato del governo sull’emergenza Ponte Galeria, per porre fine a una situazione disumana. Come consigliera regionale presenterò a breve una mozione che impegni in questo senso la giunta regionale e garantisca un impegno per il monitoraggio e la trasparenza di tutto ciò che accade all’interno del Cie.

22 Dic, 2013

Cie, dove la “clemenza necessaria” non arriva

Cucirsi la bocca a volte può fare meno male che sentire il proprio grido afono, silenziato dal muro invalicabile e intangibile che avvolge i Cie. Nemmeno in carcere quello – “regolamentare” – è facile assistere a una protesta come quella adottata ieri da almeno cinque detenuti immigrati reclusi nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, a Roma.
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21 Dic, 2013

Conciate per le feste

In piedi all’ingresso del negozio, tra gli scaffali o sedute dietro un registratore di cassa, ma sempre con un gran sorriso stampato sulla faccia. Sono le commesse delle boutique o dei grandi magazzini, un esercito di donne le cui fila si ingrossano nel periodo natalizio. Commesse sempre più giovani, belle e sottopagate.
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