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14 Mag, 2016

Aborto, troppi obiettori. E a Roma il San Camillo assume solo chi applica la 194

Paola Rosa Adragna, La Repubblica

Due nuovi ginecologi non obiettori varcheranno la soglia dell’ospedale San Camillo di Roma. La Regione Lazio ha indetto un concorso specifico per assumere due medici dirigenti di Ostetricia e Ginecologia che applichino la legge 194 sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e il primo ha già preso servizio. Per la prima volta in Italia un ospedale mette a bando due posizioni “blindate”, per tutelare il servizio e garantire alle donne il rispetto del proprio diritto di scelta.

Il caso
“Nel Lazio – spiega il presidente della Regione Nicola Zingaretti – è stata compiuta una vera e propria rivoluzione. Tenendo conto del numero sempre in aumento degli obiettori di coscienza, ma soprattutto per contrastare la piaga dell’aborto clandestino, abbiamo operato in questi anni per garantire alle donne il diritto di interrompere la gravidanza senza nessun pericolo per la loro salute”. Malgrado la legge sia entrata in vigore nel 1978 e sia stata confermata da due referendum popolari, tuttora esistono problematiche nella sua applicazione.

I dati
Secondo l’ultimo rapporto del ministero della Salute 7 medici su 10 sono obiettori e l’interruzione volontaria di gravidanza è praticata nel 60% delle strutture. Ma associazioni come Laiga (Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/78) o Vita di Donna denunciano una realtà diversa. La stessa che ha portato il Consiglio d’Europa ad accusare l’Italia di discriminare medici e operatori che non hanno optato per l’obiezione di coscienza.

Per esempio nelle 16 strutture laziali che forniscono il servizio IVG – solo 5 delle quali eseguono anche aborti terapeutici – i medici non obiettori compiono in media 4 interruzioni a settimana a testa, contro una media nazionale dell’1,6. Senza contare che le donne che scelgono di abortire si imbattono in liste d’attesa che vanno dagli 8 ai 20 giorni se l’interruzione è di tipo chirurgico.

La pillola Ru486
L’aborto farmacologico ancora fatica a prendere piede, nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità lo indichi come metodo da preferire entro le 9 settimane di gravidanza. A parte il San Camillo, che da gennaio di quest’anno ha effettuato 216 IVG tramite la pillola Ru486, la media nelle altre 8 strutture è di circa 35. “E pensare che in Francia – spiega la dottoressa Giovanna Scassellati, responsabile del Day Hospital-Day Surgery 194 del San Camillo – è un metodo molto diffuso. Il farmaco viene somministrato dal medico di base, sotto la supervisione dell’ospedale”. E i vantaggi sono tanti: per la donna, che non deve sottoporsi a un intervento, e per i medici, che vedono diminuire il flusso di pazienti.

L’assunzione di due nuovi medici non obiettori si inserisce in un quadro di miglioramento delle condizioni di lavoro della categoria, ma soprattutto in un percorso di tutela sempre maggiore della donna e del suo diritto di scelta, sancito dalla 194. “Interrompere una gravidanza è un evento difficile per qualsiasi donna – conclude Zingaretti – e le istituzioni hanno il dovere di garantire la giusta assistenza”.

12 Mag, 2016

Il nuovo confine del diritto d’amare

Michela Marzano, La Repubblica

Dopo trent’anni di attese, silenzi, smarrimenti e voltafaccia, anche in Italia, oggi, abbiamo finalmente una legge sulle unioni civili. Colmando così un incomprensibile vuoto normativo.
Un vuoto normativo che aveva per troppo tempo impedito al nostro Paese di accompagnare la vita delle persone omosessuali verso un orizzonte di libertà, dignità e uguaglianza.

11 Mag, 2016

“Stop al cemento entro il 2050”. Ma la riforma scontenta tutti

Monica Rubino, La Repubblica

Sette metri quadrati di terra fertile persi al secondo, 80mila ettari consumati dal 2012 a oggi, un’estensione pari a otto volte Parigi. I dai allarmanti dell’ultimo rapporto Ispra (Istituto superiore di ricerca ambientale) dimostrano che il nostro Paese ha un livello di consumo di suolo tra i più alti in Europa, nonostante le caratteristiche orografiche del territorio e l’elevato rischio idrogeologico.

10 Mag, 2016

Onida: “Il combinato con l’Italicum aumenta i poteri del premier”

Francesco Maesano, La Stampa

C’è anche la sua firma in calce all’appello dei 56 costituzionalisti che ad aprile hanno scritto contro la riforma che definiscono una “potenziale fonte di nuove disfunzioni nel sistema istituzionale”. Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, è tra coloro che Renzi ha chiamato in causa durante la direzione PD di ieri definendoli “archeologi travestiti da costituzionalisti”.

05 Mag, 2016

Zagrebelsky: “La ‘riforma’ è un abito nuovo per coprire vecchie vergogne”

Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano

“Oggi si fa politica per ottenere l’immunità. Massoneria affaristica, lobby e finanza: il malaffare crea un ordinamento che convive con quello legale. Ma è illusorio credere invece che si possa sconfiggere tutto questo solo con il processo penale, per batterlo serve invece più democrazia. A differenza di Napolitano, penso che nuovo Senato e Italicum siano un progetto per separare la politica dai cittadini e darla a chi sta in alto”.

04 Mag, 2016

I muri nel cuore d’Europa e i fantasmi del Novecento

Nadia Urbinati, La Repubblica

L’Europa è nata sul diritto di movimento, E’ stata voluta da ex-nemici mortali che si impegnarono a garantire la libertà di movimento ai loro concittadini, per rendere i confini porosi e infine, con il Trattato di Shengen, aperti agli europei e, seppure con minore certezza, agli immigrati col permesso di soggiorno dei rispettivi Paesi.

27 Apr, 2016

Sanità, per il governo un bell’esame di coscienza

Ivan Cavicchi, Il Manifesto

Il dato più significativo del tredicesimo Rapporto “Osservasalute” è il calo dell’aspettativa di vita, un fenomeno per noi inedito ma tutt’altro che inaspettato. Se cala l’aspettativa di vita è perché molte morti in qualche modo precoci pur essendo evitabili diventano inevitabili.

Se aumentano le malattie e se le morti evitabili diventano inevitabili c’è poco da fare si campa di meno. Almeno per i soggetti più deboli. Dietro ai dati di “Osservasalute” vi è la realtà della diseguaglianza. Il calo di anni di vita riguarda soprattutto le parti deboli della società, per esempio gli anziani.

Ma perché delle morti evitabili diventano inevitabili ? E’ vero cala il numero medio di anni di vita dei nostri cittadini ma questo avviene perché cala la speranza per molti di noi di vivere più a lungo. La domanda quindi è: perché cala questa speranza? Perché alcuni muoiono più di altri?

La speranza di vita non dipende puramente dal caso o dal destino ma da una serie di fattori compresi tra il patrimonio genetico di ciascuno di noi, l’ambiente in cui viviamo, gli effetti sulla società civile dell’economia, il tipo di welfare sanitario, le politiche per la salute, gli stili di vita.

In questo senso la speranza di vivere è una questione di:
1)concrescenza cioè qualcosa che dipende dall’unione o fusione di fattori normalmente separati che influiscono sulla vita delle persone;
2) di coemergenza cioè qualcosa che emerge da un sistema nel senso che il sistema in cui viviamo crea per molti di noi un grado eccessivo di mortalità;
3) consignificanza perché i tanti e diversi fattori hanno tutti sul piano degli esiti lo stesso significato “mortale”.

Il rapporto “Osservasalute” con grande onestà intellettuale (dobbiamo ringraziare Walter Ricciardi e l’università Cattolica per il bel lavoro diagnostico) dice le cose come stanno e che sappiamo tutti. Se mettiamo insieme gli inquinamenti, quindi l’aumento delle malattie soprattutto letali, le politiche di definanziamento della sanità, quindi il taglio alle tutele, i problemi del mercato del lavoro, la mancanza di politiche per la promozione della salute, allora è ovvio che si finisca per campare di meno.

Come è possibile tagliare la sanità soprattutto accanendosi contro quei luoghi salva vita definiti ospedali, non difendere i cittadini dalle malattie, condizionare le cure con una medicina sempre più amministrata e campare più a lungo?
La sanità è sotto gli standard. Per chi è in salute non è un problema ma per chi è malato ed ha bassi redditi è un problema perché aumenta il suo rischio di non guarire o di non essere curato o di essere curato male.

Davanti ai dati di “Osservasalute” immagino le risposte del governo. Si dirà che non è possibile collegare in modo lineare e meccanico i problemi della sanità con quelli della speranza di vita. Oppure che abbiamo a che fare con una gigantesca complessità per cui è impossibile ricostruire dei nessi di causalità.

Fino all’ennesima replica: abbiamo la sanità migliore del mondo. E’ tutto vero. Ma è anche vero che la speranza di vita cala soprattutto per i soggetti deboli, che la sanità è definanziata, che le popolazioni più deboli non sono protette dai rischi, che le malattie gravi aumentano.

Per cui per favore evitiamo di scambiare complessità per inintellegibilità e siccome tutti si ha diritto di vivere il governo ringrazi “Osservasalute” e si faccia un bell’esame di coscienza.

22 Apr, 2016

“Così i curdi siriani hanno abbandonato Marx per mio padre”

Claudio Gallo, La Stampa

La figlia del filosofo americano Murray Bookchin “Niente lotta di classe, tutto il potere alle assemblee locali. A Kobane si sperimenta la vera democrazia”

Debbie non è solo la figlia di Murray Bookchin, il teorico del comunalismo. Scrittrice e giornalista, ha pubblicato un libro scottante sul vaccino anti-polio americano infettato da un virus potenzialmente cancerogeno, tra gli Anni 60 e 80. Ma, certo, è anche la figlia di suo padre, appassionata curatrice dell’eredità intellettuale del filosofo, figlio di ebrei russi emigrati in America.

Dal leader del Pkk Abdullah Öcalan ai curdi di Kobane, tutti hanno abbandonato Marx per suo padre: che cos’è il comunalismo?
«Il comunalismo è l’idea che la democrazia funzioni meglio quando i cittadini decidono insieme in assemblee locali. Si guardano in faccia e discutono di argomenti importanti per la comunità, inviano delegati revocabili ai consigli regionali. Il potere resta a livello locale e non è mai trasferito allo Stato-nazione. Mio padre vedeva nelle assemblee la possibilità di formare un senso di cittadinanza sempre più illuminato. La gente dovrebbe reclamare la politica come qualcosa che si pratica invece di votare per qualcuno e sperare in bene. Il comunalismo comprende ciò che mio padre chiamava una “economia morale”, in cui la gente decide insieme sull’uso delle risorse naturali per la produzione economica, avendo in mente l’impatto ambientale».

Una visione senza denaro né mercato: com’è possibile?
«Oggi diamo il capitalismo per scontato, ma non è un comandamento di Dio. Nella maggior parte della storia le società hanno funzionato senza. Come mio padre ha sottolineato per la prima volta negli Anni 60, la rotta di collisione del capitalismo con la natura minaccia la sopravvivenza della nostra specie. La sua logica “cresci o muori” impone un incessante sfruttamento delle risorse naturali. La crescita rapace e l’individualismo, a cui ha dato vita, hanno portato al riscaldamento globale che rischia di rendere il pianeta inabitabile per i nostri nipoti. Per ciò che riguarda il denaro, ci sono molti esempi nella storia di persone che hanno lavorato insieme per il bene della società senza doverlo usare: dalle società primitive ai grandi kibbutz israeliani. Il comunalismo crede che, in una società libera, ognuno contribuisca al benessere della società con le sue differenti abilità, interessi e desideri».

Com’è arrivato il comunalismo tra i curdi?
«Quando Abdullah Öcalan fu condannato all’ergastolo, l’avvocato gli portò in prigione molti libri, tra cui alcuni di mio padre tradotti in turco, come L’ecologia della libertà e From Urbanization to Cities (Dall’urbanizzazione alle città). Öcalan era diventato scettico sul marxismo-leninismo che aveva portato a trent’anni di guerra con lo stato turco. Così si convinse che, abbracciando le idee di mio padre, i curdi avrebbero potuto raggiungere l’autogoverno e una vera democrazia, anche dentro ai confini turchi. Con il concetto di confederalismo democratico, Öcalan ha incorporato il pensiero di mio padre, ma poi ha aggiunto idee originali, specialmente l’enfasi sul ruolo delle donne».

Cosa rimproverava suo padre a Marx?
«Mio padre aveva un enorme rispetto per Marx, ma per lui il marxismo contemporaneo viveva nel passato. La “analisi di classe” e le tattiche impiegate dai rivoluzionari negli Anni 30 andavano superate. Bisognava capire perché i lavoratori non avevano fatto la rivoluzione. Respingeva la visione del proletariato come “classe egemonica”. Per lui il cambiamento sociale poteva avvenire soltanto appellandosi alla gente, ai cittadini in quanto parte di comunità che non cercano solo l’eguaglianza economica ma anche aria e acqua pulite, cibo sano, e la fine di tutte le forme di gerarchia e oppressione: razza, etnia, genere… Aveva visto che in Europa Orientale il socialismo non aveva portato la libertà. Credeva che il potere dovesse essere decentralizzato e portato a livello municipale, non consegnato a un partito centralizzato».

Perché i curdi sarebbero così importanti?
«Nel Rojava (l’area curda della Siria ndr) è stata creata una società dove le donne e gli uomini di qualsiasi etnia o religione lavorano insieme per tracciare il futuro delle comunità. La pianificazione economica è attenta all’ecologia, si pratica la forma più democratica di governo esistente, pur in condizioni di guerra. Un esempio affascinante».

Nel 2015, i curdi siriani sono stati accusati da Amnesty si aver demolito le case degli arabi..
«Seguire i progressi del progetto sociale nel Rojava è entusiasmante, tuttavia in condizioni di guerra si compiono errori, che vanno riconosciuti e corretti. Le prove raccolte sollevarono però alcuni dubbi, tra cui la veracità di certe interviste e alcuni aneddoti che non furono confermati. Molti pensano che quei fatti indeboliscano la credibilità del rapporto».

Curdi comunalisti e Washington insieme contro l’Isis: non è una strana alleanza?
«Dovrebbe essere una coalizione naturale, visto che gli Usa e la Ue si presentano come campioni della democrazia. L’Occidente riconosce che i curdi sono i suoi migliori alleati contro l’Isis, teme però che la Turchia spalanchi le porte agli emigranti verso l’Europa. Così si è piegato ai turchi e ha escluso i rappresentanti del Rajava dai colloqui di Ginevra sul futuro della Siria. Hanno chiuso un occhio sul sostegno di Ankara all’Isis e sui bombardamenti turchi delle città curde del Sud-Est, dove, con la pretesa di cercare i terroristi del Pkk, i militari hanno ucciso centinaia di civili innocenti, compresi bambini. Se credessero davvero alla democrazia, americani ed europei dovrebbero invitare i rappresentanti del Rojava a Ginevra e incoraggiare l’espansione del suo modello in Siria. Sarebbe un modo per favorire una soluzione pacifica e democratica che permetta alla gente di rimanere a casa invece di dover fuggire».

Un Rojava autonomo dovrà fare i conti con la Turchia: ci sarà una nuova guerra?
«Sono una giornalista, non un’analista mediorientale, non so predire se ci sarà una guerra. La mia impressione è che la gente abbia ragione a temere la svolta autoritaria di Erdogan. Un regime autoritario porterà più disordini e instabilità. Una cosa negativa per la gente della regione, che mina i nostri sforzi per sconfiggere l’Isis. Spero che i leader occidentali vorranno usare tutto il loro peso per fermare la violenza di Erdogan contro il popolo curdo e insistere per un ritorno al negoziato. È chiaro che la “questione curda” non può essere risolta militarmente. Prima Erdogan riprenderà i negoziati, meglio sarà per la società turca e per il mondo intero».