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Ieri sono stata a Tivoli invitata dall’Istituto Professionale Rosmini per parlare della nostra legge contro la violenza di genere.

È stato un dibattito diverso dal solito, più “tosto”: a un certo punto una ragazza di sedici anni, si chiama Carola, ha interrotto la discussione per dire la sua, che suonava più o meno così (tra gli applausi dei suoi coetanei) “eh ma se una se la cerca…”.

Ne è scaturito un bellissimo confronto sul “giudizio” e sulla “libertà”.

Così sono reintervenuta anche io per dire che neanche Carola però andava giudicata da noi adulti, per due ragioni: 1) perché ha detto parole che derivano da una cultura che da secoli criminalizza i comportamenti delle donne, e mica è facile o automatico liberarsene; 2) perché non serve giudicarli gli adolescenti di oggi, semmai serve ascoltarli e ragionare con loro. Per produrre il cambiamento.

Troppo facile parlare con chi è già convinto insomma. La “rivoluzione culturale” deve avere l’ambizione di raggiungere tutte e tutti.

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