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19 Set, 2017

Violenza sulle donne: non servono leggi speciali ma cultura e prevenzione

Non servono leggi speciali, ma cultura e prevenzione. Dopo l’ultimo episodio di violenza sessuale avvenuto a villa Borghese, è sull’aspetto cultura legato alla violenza di genere che dobbiamo continuare a lavorare. Un aspetto che la Regione Lazio ha sempre tenuto in considerazione a partire dalla legge del 2014, che ha iniziato il suo iter non a caso in Commissione cultura, e poi attraverso bandi e campagne volte a invertire il piano culturale che sottende alla violenza.

Oggi, come annunciato durante la conferenza stampa straordinaria del presidente Zingaretti per illustrare le misure messe in campo per contrastare la violenza contro le donne, è stato fatto un ulteriore passo avanti. E’ partito così l’appello alle scuole del Lazio e di Roma affinché lunedì 25 settembre ci sia, con i professori e con gli studenti, una giornata di riflessione per produrre disegni, testi o iniziative che verranno raccolti sul sito della Regione Lazio e saranno poi presentati il 25 novembre, Giornata nazionale contro la violenza sulle donne.

Una mobilitazione collettiva e culturale che chiama in causa tutti e che fa il paio con le dieci misure messe in campo dalla Regione per contrastare la violenza per un investimento totale di circa 8 milioni di euro. Nessuna legge speciale, dunque, ma prevenzione e presa in carico come presupposti da cui partire per combattere una violenza le cui radici sono strettamente culturali.

19 Set, 2017

Il Pd rischia di perdersi e la sinistra è all’angolo. Ripartiamo dallo Ius soli

Giuliano Pisapia, La Repubblica

Caro Direttore, non è una piccola cosa: l’approvazione dello Ius soli sarebbe un atto di civiltà contro la resa allo spirito dei tempi. Una risposta non rassegnata al disorientamento e alla paura. La prova che siamo capaci di riprendere quell’egemonia culturale che la sinistra, l’associazionismo laico e cattolico, il civismo e la tradizione liberale, sembrano aver smarrito. Per questo lo Ius soli è una grande cose. Per questo è da qui che vogliamo ripartire.

18 Set, 2017

Con bando Torno subito un nuovo anno di opportunità

Prosegue, per il quarto anno consecutivo, l’impegno della Regione Lazio nei confronti delle nuove generazioni. Un impegno mantenuto grazie alla nuova edizione di ‘Torno subito’, il bando dell’assessorato Diritto allo Studio, Formazione e Ricerca rivolto ai giovani dai dai 18 ai 35 anni che finanzia percorsi integrati di formazione e di esperienze lavorative nazionali e internazionali.

Si tratta di un un percorso virtuoso, un punto fermo che però è stato in grado di migliorare e rinnovarsi ogni anno, che questa volta vedrà finanziati 2000 progetti, per un totale di 27 milioni di euro investiti nel 2017.

2000 ragazzi pronti a partire, che si andranno ad aggiungere ai circa 4000 partecipanti delle edizioni 2014, 2015 e 2016, per un totale di quasi 6000 progetti finanziati.

Numeri importanti, dunque, che finora hanno previsto uno stanziamento di circa 80 milioni di euro delle risorse del Fondo Sociale Europeo e hanno consentito al 30% dei partecipanti alle prime due edizioni di trasformare la loro esperienza in un impegno lavorativo. Cifre destinate a crescere entro il 2018 che porteranno, a fine legislatura, a oltre 8000 progetti finanziati per un investimento complessivo di circa 100 milioni di euro.

E’ questa la migliore risposta alla fuga dei cervelli nel nostro Paese, al blocco dell’ascensore sociale e all’impoverimento delle comunità sociali ed economiche. Si tratta di un modello virtuoso, che una politica utile ed efficace deve saper sostenere e moltiplicare.

Un investimento concreto in economia, conoscenza e formazione, per dare opportunità vere a migliaia di ragazzi e ragazze che altrimenti non avrebbero il modo di realizzare i propri sogni e mettere a frutto le loro competenze. E’ questo il sistema migliore per rispondere alla crisi e per lavorare a un’idea di Europa inclusiva e aperta, in grado di offrire alle nuove generazioni diverse opportunità.

18 Set, 2017

“Tra vecchio e nuovo”, oggi sono tornata in onda su Radio Popolare

Oggi ho avuto il piacere di tornare tra le braccia di uno degli amori della mia vita: #RadioPopolare.
La redazione mi ha chiesto infatti di tenere una rubrica fissa tutti i lunedì all’interno della trasmissione “#IlDemonedelTardi”, un punto politico -tra la settimana che si apre e il weekend che si è chiuso – fatto attraverso la lettura dei titoli dei giornali.

Oggi ho parlato dello scontro in atto tra il vecchio che ritorna e il nuovo che prova faticosamente a farsi strada…
Al di là di Bossi che resta giù dal palco e della ‘nduja che fa compagnia alle salamelle in cucina, sono vecchie e inquietanti le parole di Salvini a Pontida che invoca l’abolizione della legge Mancino, o la mano libera della polizia sotto un governo della Lega, o i migranti che “portano la lebbra”.

E’ retro-utopia pura (per dirla con Bauman) Berlusconi che fa straripare una sala delle Terme di Fiuggi piena di 1500 persone da cui partono cori da stadio al grido “C’è solo un Presidente”.
Dall’altra parte, fatica a farsi strada nel rimbalzo fra la società civile che tiene il punto e un centrosinistra fragile e diviso la battaglia per la legge sullo Ius Soli, per la quale Repubblica parla oggi di un accordo tra governo e Vaticano, e a sostegno della quale nel weekend ha fatto un picco l’appello della scuola italiana.
Infine, la manifestazione di sabato sera per le strade di Firenze: migliaia di donne (e uomini) che sono scesi in piazza per ristabilire l’ordine delle cose, cioè per ribadire che gli stupri e le violenze non sono questione di “razza” (come dicono i razzisti) o di divisa, ma una maledetta faccenda tra uomini e donne che ha a che fare coi corpi, con la libertà e col patriarcato.

Per ora la bilancia dice che il vecchio vincerà, e di brutto anche. Ma il nuovo non vuole e non può mollare!
Ps per chi ne avesse voglia sarò di nuovo in onda su #RadioPop il prossimo lunedì, più o meno alle 7.50

http://www.radiopopolare.it
Qui trovate il podcast: http://pod.radiopopolare.it/demonecopertina_1_18_09_2017.mp3

 

 

 

15 Mag, 2017

Regione Lazio, con Hub Generazioni accorciamo le distanze tra i giovani e le istituzioni

Con l’inaugurazione oggi in via Ostilia dell’Hub Generazioni (www.regione.lazio.it/generazioni), la Regione Lazio apre nuovamente le porte ai giovani. Questa volta lo fa grazie a una struttura messa a disposizione da Laziodisu, dove saranno attivate diverse postazioni informative sui servizi, i co-working, le borse di studio, gli alloggi per gli studenti, i bandi per gli under 35 e le diverse opportunità rivolte ai giovani. Si tratta di un nuovo punto di riferimento a loro disposizione, che si inserisce nel quadro dei servizi offerti dalla Regione Lazio e da Laziodisu e che va ad ampliare quella rete già attiva di cui fanno parte le sette sedi di Porta Futuro Lazio e gli hub culturali Moby Dick e Officina Pasolini ‘Ex Civis’. Un contributo importante per ridurre quella distanza e quella sfiducia di un’intera generazione nei confronti delle istituzioni.

15 Mag, 2017

La scala delle gravità e il senso del rigetto

di Mimmo Cortese, Comune-info

Le dichiarazioni di Debora Serracchiani, dopo l’orribile stupro di una ragazza triestina di 17 anni, fanno rabbrividire. Questo delitto diventa “socialmente e moralmente ancor più inaccettabile” perché è stato commesso da un profugo iracheno, dice la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia.
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Evidentemente, non essendo sicura di essere stata sufficientemente chiara, dopo due righe cerca di spiegarsi meglio rincarando la dose: “Riesco a capire – aggiunge – il senso di rigetto che si può provare verso individui che commettono crimini così sordidi” rompendo il “patto di accoglienza” con il nostro paese.
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Queste scellerate e inaccettabili parole vanno lette tutte assieme, il razzismo è coniugato strettamente alla sua istigazione attraverso una parola precisa: il “rigetto”. Il rigetto è “verso gli individui”, cioè verso persone in carne ed ossa. Non è l’atto odioso l’obbiettivo, è quella persona che l’ha commesso. Ma, e qui la gravità se possibile sprofonda, quella speciale persona è talmente speciale da non avere né un nome, né un cognome. Quella persona è lo straniero, il profugo. Che si permette addirittura di sbagliare, di commettere un delitto.
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Non so come si possano definire allora quelle parole, se non come un solleticare, e sollecitare, gli istinti più ciechi e violenti in circolazione nel nostro paese.
Ci sarebbe stato da augurarsi, a stretto giro di posta, una dichiarazione di scuse e di ammissione di un grave errore. Invece è arrivato un laconico e glaciale tweet senza nessuna scusa, nessun dispiacere, nessun chiaro rigetto di quelle oscene e violente parole: gli stupri sono tutti uguali ma – viene anzi ribadito – questo è peggio di altri, la rottura di quel patto di cui sopra lo certifica. Non una parola infine sulla “comprensione” del “senso di rigetto”, evidentemente ribadito.
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Affermare la maggiore gravità di un delitto, nel caso in cui a commetterlo sia un profugo o uno straniero, è un atto di grave discriminazione che internazionalmente si definisce xenofobia, indissolubilmente legata al razzismo quando lo straniero ha caratteri somatici ben identificabili e proviene da terre lontane. Affermare di “capire il senso di rigetto” verso lo straniero è una chiara istigazione al razzismo e alle pieghe violente e intolleranti che sempre più spesso si manifestano nel nostro paese.
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Ci sarebbe stato da aspettarsi, a questo punto, che il suo partito prendesse nettamente le distanze invitandola ad un gesto pubblico significativo. Ma, fino ad ora, un inquietante silenzio occupa l’agorà.
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Eppure, nonostante quanto scritto e detto sia già sufficientemente e tristemente chiaro, c’è ancora un aspetto che va considerato. Un aspetto da cui, forse, discende questo modo di parlare, questo singolare approccio alla lingua.
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Alcuni mesi fa Renzi, nel pieno delle polemiche legate alla sua famiglia, affermò: “Se mio padre è colpevole merita una pena doppia“. Solo in apparenza questo genere di affermazioni potrebbero essere definite delle semplici e innocue spavalderie da “bar”.
Il segretario del PD ha sempre cercato, usando questo linguaggio, di essere percepito come “popolare”, come colui che scende dallo scranno dorato e distante del politico e parla con le espressioni della gente. Chiaro e semplice!
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Non rendendosi conto che, seguendo questa strada, l’esito più probabile sarebbe stato confondere la chiarezza con la grossolanità e la semplicità con la superficialità. Non rendendosi conto che la chiarezza e la semplicità non hanno alcuna contiguità con il linguaggio che si manifesta nel cosiddetto buon senso del chiacchierare quotidiano, men che meno con le parole che accompagnano la reazione istintiva alle cose che ci succedono. Chiarezza e semplicità sono il frutto del lavoro lungo e difficile per arrivare al cuore di ogni questione. Sono il frutto della riflessione approfondita, delle domande indagate in ogni loro piega, delle verifiche sulle conseguenze delle scelte intraprese. Sono il frutto di ciò che si definisce senso della responsabilità.
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In realtà l’uso di questo linguaggio ha delle conseguenze ancora più serie. Quando diventa sistematico e perdura nel tempo, soprattutto quando arriva ed emana dai centri del potere, si sedimenta sempre nel profondo, predispone e orienta le persone a un modo di pensare, prefigura sempre lo sviluppo di una cultura.
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Chiedere l’eventuale pena doppia, addirittura con l’enormità di farlo per il proprio padre, non è stata solo una boutade e non ha mostrato affatto – come voleva essere nei suoi intenti – un rigore e un senso dell’etica più profondo, quella richiesta ha detto molto invece sul concetto di giustizia dell’ex premier. Ha detto di un giustizialismo mascherato e veicolato dal “sentire comune” del momento, come ricordava il ministro Minniti qualche giorno fa. Pena doppia! Dando per implicito, come messaggio di fondo, che le regole del diritto definiscono i rapporti e la convivenza solo se placano, subito, il nostro dolore, la nostra urgenza.

E’ in questo filone, credo, che si possono interpretare anche le parole di Serracchiani, il suo linguaggio. Allo stesso modo, sia pure in maniera più greve e incomparabile, rispetto alle capacità comunicative del segretario, il punto sul quale va a concentrarsi è sempre lo stesso, è il concetto di diritto, di giustizia.
Lo stupro commesso da un profugo rifugiatosi nel nostro paese, dice la presidente del Friuli Venezia Giulia, è più grave perché rompe il patto di accoglienza. E’ più grave dello stupro commesso dal marito? Quel patto d’amore ha un valore minore? E’ più grave dello stupro commesso da un branco di italiani? Il patto di civiltà ha meno valore? Quella moglie e quella ragazza avrebbero una minore ferita, una minore offesa, minore dolore, minore vergogna, minore disperazione in quelle circostanze? Naturalmente no. Ma “oggi” il patto di accoglienza sommuove e confonde la pubblica opinione.La scala delle gravità è una variabile dei tempi.