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06 Feb, 2014

Ponte Galeria, parlano i reclusi del Cie: “Neanche il papa ci ascolta”

Ponte Galeria è una località suburbana a nord ovest della Capitale, stretta tra il raccordo e la Roma-Fiumicino. Qui sorge l’omonimo Cie. Una gabbia a cielo aperto, circondata da una rete, un fossato, un muro di cinta e ancora sbarre di metallo per impedire agli “ospiti” di fuggire. Già dall’esterno è difficile avere dubbi sulla natura detentiva della struttura, entrandoci non si può che confutarlo.
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05 Feb, 2014

Al CIE di Ponte Galeria rassegnazione e attesa per le risposte del Governo

Con le bocche scucite, ma ancora con la disperazione negli occhi. Questa mattina sono tornata nel Cie di Ponte Galeria per accertarmi delle condizioni dei migranti trattenuti nel centro, ormai a tre giorni dalla sospensione della protesta che aveva visto nuovamente 13 ragazzi cucirsi la bocca, rifiutare i pasti e saltare le visite mediche contro la loro condizione detentiva.

La loro protesta si è effettivamente interrotta ma le loro condizioni non sono affatto migliorate e la loro denuncia non è affatto venuta meno. Sono stati loro stessi a confermarcelo: “Ci siamo scuciti la bocca perché sfiniti, stanchi, alcuni di noi anche malati. Ma abbiamo sospeso la protesta anche per via della nostra rassegnazione, perché nulla sta cambiando dentro il Cie”. “Chiediamo la grazia – ha sintetizzato uno di loro – ci aspettiamo l’intervento di Napolitano, un segnale da Papa Francesco”.

Anche al Cie tra l’altro l’alluvione ha lasciato il segno: sempre secondo i racconti dei ragazzi nei giorni scorsi l’acqua scendeva dal soffitto delle stanze e nei bagni c’era solo acqua fredda. Per il resto questa mattina al Cie la vita quotidiana degli 80 trattenuti (63 uomini e 17 donne) scorreva come da routine, tra convalide, colloqui, visite mediche. Una routine fatta però da sbarre e porte chiuse dietro le quali stazionano anche per mesi cittadini stranieri che spesso non hanno compiuto alcun reato.

Per questo sono uscita dalla visita di questa mattina ancor più persuasa dalla necessità di superare la legge Bossi-Fini e di chiudere i Cie, istituzioni detentive irriformabili. Rinnovo infine l’auspicio che la mozione già depositata in Consiglio Regionale e firmata da tutti i capigruppo di maggioranza arrivi al più presto all’attenzione e al voto dell’aula della Pisana anche in vista del corteo no Cie del 15 febbraio prossimo, manifestazione alla quale parteciperò anche io.

05 Feb, 2014

Giusto o sbagliato non può essere reato

Aderisco alla piattaforma nazionale antiproibizionista che porterà a manifestare a Roma il prossimo 8 febbraio tutte le realtà antiproibizioniste per chiedere l’abolizione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Un’adesione totale che vuole amplificare anche nella Regione Lazio lo slogan del comitato promotore contro questa legge sbagliata, ingiusta e iniqua.

Una legge, la Fini – Giovanardi, che ha contribuito in modo sostanziale al peggioramento della convivenza civile, criminalizzando intere fasce di giovani e ingrossando in modo abnorme il numero di detenuti per reati lievi.

Sono infatti 26.000 su un totale di 65.000 i detenuti reclusi per violazione della Fini-Giovanardi, una normativa che ha peggiorato indiscutibilmente la vivibilità delle istituti di pena non segnando in nessun modo passaggi decisivi nella lotta alle mafie che gestiscono il traffico e lo spaccio di stupefacenti.

La mobilitazione di sabato sarà anche un modo per fare pressione civile in vista del pronunciamento della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità della legge 49/06 previsto per il prossimo 11 febbraio.

05 Feb, 2014

Strasburgo vota la tabella di marcia contro l’omofobia

Ritiene che la scuola sia un ambiente fondamentale per la promozione dei messaggi di rispetto e “invita gli Stati membri ad agire per dare impulso a una conoscenza obiettiva delle problematiche relative all’orientamento sessuale, all’identità e all’espressione di genere… esprime preoccupazione per il fatto che i giovani Lgbti e coloro che sono considerati tali corrano un rischio maggiore di essere vittime di bullismo”.
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04 Feb, 2014

Migranti abbandonati nel Cara allagato. Presto il Garante regionale dei rifugiati

In 800, tra cui 80 minorenni, sono rimasti nel Centro senza luce, con cibo di fortuna e senza acqua potabile. Peciola (Sel): “Sono presenti mamme con bambini anche molto piccoli, che non possono rimanere nella struttura in quelle condizioni”. Bonafoni (Pl): “Giovedì legge in commissione alla Pisana” LE FOTO

Isolati e allagati. Così sono rimasti gli 800 migranti del Cara di Castelnuovo di Porto in questi giorni di maltempo. Strade bloccate da frane e smottamenti hanno reso per due giorni impossibile raggiungere la struttura Porto che sorge in una piana vicinissima al Tevere. E l’emergenza non è finita: oggi erano ancora visibili i segni dell’acqua sui muri e sono ancora in corso gli interventi di ripristino per i danni subiti. “E’ una situazione ancora molto precaria per i rifugiati e richiedenti asilo politico ed è in corso la riorganizzazione del funzionamento della struttura“, fa sapere Gianluca Peciola di Sel che oggi ha visitato il centro. Venerdì, con il nubifragio, la struttura si è completamente allagata (guarda le foto) e i migranti, tra cui 80 minorenni, sono stati costretti a scappare sui tetti. Molti di loro sono rimasti senza documenti.

SENZA SOCCORSI – “L’acqua – racconta la consigliera Marta Bonafoni (Pl) che ha raccolto alcune testimonianze – superava i sessanta centimetri d’altezza. Un fiume che ha allagato tutto: la mensa, le cucine, l’ambulatorio medico, gli uffici e tutti i locali destinati alle famiglie di richiedenti asilo – soprattutto quelle con bambini – ubicate al pian terreno. Chi era dentro – continua Bonafoni – non poteva uscire, e chi era fuori non poteva arrivare. Alcuni operatori hanno lanciato l’allarme ma secondo i loro racconti né la Protezione Civile né i Vigili del Fuoco sarebbero intervenuti fino alla sera, quando con un canotto sono state evacuate però solo 24 persone”.

Oggi manca ancora l’acqua potabile e con le cucine allagate sono stati garantiti solo pasti di fortuna. A denunciare la situazione erano stati i movimenti per il diritto all’abitare già venerdì. Giorno in cui uno degli operatori del centro è rimasto folgorato in seguito a un corto circuito.

SOVRAFFOLLAMENTO – “Come ho potuto verificare nel corso del sopralluogo – aggiunge Peciola – reso possibile grazie alla disponibilità della Prefettura nonostante il poco preavviso della visita, sono evidenti i segni del sovraffollamento e le stanze che ho potuto vedere sono in condizioni fatiscenti. Nel Cara sono presenti mamme con bambini anche molto piccoli, che non possono rimanere nella struttura in quelle condizioni, devono essere trasferiti in luoghi più adatti”.

IL GARANTE DEI DIRITTI DEI RIFUGIATI – Giovedì prossimo, fa sapere la consigliera Bonafoni, “in Commissione Politiche Sociali alla Pisana verrà discussa la legge sull’istituzione del Garante dei diritti dei rifugiati. Una figura che si occuperà anche di supervisionare le strutture destinate ad accogliere i rifugiati e i richiedenti asilo della nostra Regione, accertando la loro idoneità e la loro rispondenza a tutti gli standard, di legalità e civiltà. Un importante collegamento tra le istituzioni e i centri che potrà scongiurare casi di silenzio assordante come quello del Cara di Castelnuovo di Porto”.

04 Feb, 2014

M5S, le nostre colleghe della Regione Lazio si dissocino dagli attacchi sessisti

Come donne elette nel centrosinistra e nel centrodestra della Regione Lazio desideriamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà alla Presidente della Camera Laura Boldrini e alle deputate del Pd fatte oggetto in questi giorni di attacchi e insulti sessisti, gravissimi, da parte dei militanti e dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle.

Una tale deriva ci indigna e ci preoccupa: in democrazia mai il confronto può e deve passare il segno, diventare offesa, umiliazione o aggressione. Siamo soltanto 6 consigliere regionali a firmare questo comunicato, perché ancora così scarsa è la rappresentanza femminile nelle nostre istituzioni e ancora non pienamente riconosciuto il contributo che le donne danno nei loro molteplici ruoli. Per questo troviamo inquietante il silenzio in cui sono piombate in questi giorni le nostre 4 colleghe, le consigliere regionali del M5S.

Di solito così attive nelle dichiarazioni sia per mezzo di agenzie che nei social network in queste ore non si trova traccia invece di una loro presa di posizione e di distanza rispetto a quello che sta accadendo in Parlamento e nei mezzi di comunicazione vicini al movimento di Beppe Grillo.

A loro, con le quali abbiamo condiviso da ultimo un interessante dibattito intorno alla legge sulla violenza contro le donne, a loro che abbiamo sentito parlare di dignità femminile offesa, di violenza anche verbale, di un corretto uso di un linguaggio non sessista, chiediamo ora di essere coerenti e conseguenti, e di dissociarsi da quanto sta avvenendo per mano e per bocca dei loro colleghi grillini.

Le consigliere regionali del gruppo Per il Lazio Cristiana Avenali, Daniela Bianchi, Marta Bonafoni, Rosa Giancola, Teresa Petrangolini e della Lista Storace Olimpia Tarzia

04 Feb, 2014

Violenza sulle donne: rabbia per la donna ridotta in coma dal suo convivente

Voglio esprime il mio più sincero dolore e la mia vicinanza alla giovane donna di 19 anni, colpita dal suo convivente che l’ha ridotta in coma. Oltre il mio pensiero per lei e per le  tante altre donne colpite dalla violenza di genere sento però dentro di me una grandissima rabbia  che non è un mio sentimento privato, ma che condivido con tante altre donne impegnate contro la violenza maschile.

E’ intollerabile e non concepibile pensare a relazioni di coppia che da conflittuali e difficili virano sulla violenza e la donna è sempre quella che paga il prezzo più alto: la vita, come è accaduto in moltissimi casi che non smetteremo mai di denunciare, la dignità di esistere, la salute. E’ il momento davvero di dire basta.

Dalla Pisana abbiamo iniziato un cammino impegnativo che ha portato all’approvazione in commissione Cultura e Pari Opportunità di una legge regionale contro la violenza di genere. Ma credo che un incisivo intervento vada fatto su più fronti e non solo su quello legislativo. A cominciare dalle istituzioni nazionali dove uomini misogini ritengono possibile insultare le loro colleghe deputate e poi celarsi dietro scuse ipocrite.

04 Feb, 2014

Cari sessisti, ci insultate e ci accusate ma avete solo paura

È sempre colpa nostra. Davvero incredibile il masochismo femminile. Un maschietto di quart’ordine lancia un insulto becero ad un gruppo di donne che lavorano nel complicato mondo della politica e sotto accusa, con un abracadabra dell’inconscio collettivo, finiscono le femministe di “Se non ora quando”, ree di aver costruito una gigantesca manifestazione contro un altro maschietto ineducabile che, incurante delle responsabilità della sua alta carica, collezionava favorite come un sultano, impegnava il suo tempo in orgette e barzellette, sdoganando pericolosamente quella bassa meccanica mentale del maschio-massa secondo cui le donne sono “tutte puttane meno mia sorella”, e quindi vincono quelle che la danno via facile, zitte “bone” e disponibili e più giovani sono meglio è, perciò minorenni è il massimo.

Complimenti, c’è di che essere fiere di noi. Il deputato Massimo De Rosa dice a un gruppo di sue colleghe che hanno conquistato la prestigiosa carica in virtù di una loro felice propensione ad eccellere nel sesso orale, e la colpa è della Guzzanti che ha detto alla Carfagna eccetera eccetera eccetera.

Nemmeno mia madre, una vera regina dell’autolesionismo, riusciva a farsi del male con questa abilità sopraffina. E dire che le donne della sua generazione con l’autosvalutazione ci andavano a nozze.
Proviamo, noi che siamo venute dopo, a razionalizzare. E partiamo, rispettosamente, da Mara Carfagna.

La sua sfolgorante bellezza le ha certamente aperto le porte del cuore dell’allora Presidente del Consiglio. Lui ne ha fatto talmente poco mistero che la sua signora dell’epoca, Veronica, si è pure scocciata su La Repubblica, con un seguito micidiale di ampio e circostanziato dibattito. La bella ministra, poi, si è tagliata i capelli, si è comprata un stock di tailleur e si è messa a lavorare. Tutto è bene quel che finisce bene.

Resta il fatto che bellezza compiacenza e accettazione del ruolo (di funzione del desiderio maschile) ancora, purtroppo, sono elementi tristemente determinanti nella promozione sociale femminile.
Se una donna è giovane e bella (e di belle ce n’è sempre di più), anche se ha tre lauree e un talento strepitoso, anche se studia e si impegna e fatica come un mulo, viene comunque sfiorata, almeno una volta, dalla battuta: “e con chi è andata letto questa per arrivare dove è arrivata?”.
Automatismi del maschio meno progredito (e ce n’è ancora parecchi). Subcultura desolante. D’accordo. Ma è così. E lo sappiamo tutti.

Perciò chi è giovane e brutta, o non più giovane e così così, rischia di restare al palo. Non parte. Non partecipa alla gara. O partecipa con un handicap. Chi, al contrario, è in possesso dei requisiti giusti per concorrere al ruolo di pupa del capo, anche se è un genio, viene inchiodata alla croce della sue misure… Parliamo delle bambole. Fino alla metà del secolo scorso erano bebè, le bambine le cullavano, le sgridavano, le imboccavano e il modello era essere mamme.

Nel 1959 nasce Barbie. Ha uno stacco di coscia da soubrette, i capelli lunghi e biondi, le tettine, gli occhioni, il bikini. La bambine la vestono la svestono la pettinano. Poi comprano la casa il pony la spider la sala da ballo… il modello è essere belle.
Ci finiamo dentro tutte, da quelle che erano bambine in quegli anni, come me, a quelle che erano bambine ieri o adesso. Sculetta sculetta qualcosa accadrà.

È triste la battuta con cui Massimo De Rosa ha offeso le deputate, è deprimente. Ma non stupisce.
Il sessismo, come il razzismo, è un’etichetta, una coperta stretta. Come il razzismo, il sessismo è molto più radicato e profondo di quanto non si creda. Se la tirano addosso, l’accusa di sessismo, i contendenti politici, in nome di una correttezza formale, di una politesse istituzionale, che non morde veramente nel cuore del problema.

Il cuore del problema è che le donne non sono ancora persone, non lo sono fino in fondo, non hanno accesso, nel mistero dei precordi, del prerazionale, dell’indicibile, allo stesso rispetto di cui sono oggetto gli uomini. Sempre seconde, sempre cooptate, mai soggetto, mai protagoniste, mai padrone del gioco. Sempre di servizio. Sempre scelte o scartate, in base ai mutevoli umori del momento, scansate o invitate nel club maschile, che regge i destini del mondo. È questo che è davvero grave.

La non equipollenza, la tragedia della disparità. E, se salgono davvero in alto, come l’onorevole Boldrini, le donne finiscono travolte dal terrore animale che molti uomini provano, di fronte a chi, oltre al potere di generare, conquista anche quello di parlare, decidere, comandare.

Lidia Ravera, Huffington Post