14 Nov, 2014
14 Nov, 2014
Melograno Diritti
13 Nov, 2014
Roma ladrona si scopre leghista
Tor Sapienza. Dopo l’assalto anti immigrati, Salvini: «Vengo anch’io». Viaggio nel quartiere periferico della Capitale, terra di conquista della nuova destra, dove crescono umori xenofobi.
Nel mezzo di una giornata di pioggia durante la quale Roma ha scoperto di essere razzista, le nuvole si aprono e il sole scalda i lotti delle case popolari di Tor Sapienza, quartiere lungo la via Prenestina che solo poche ore prima ha ospitato una vera e propria battaglia. Resta qualche cassonetto incendiato, un presidio delle forze di polizia e gli sguardi di chi osserva dalle finestre dei palazzoni. Solo poche ore prima si è consumato l’assalto del centro d’accoglienza di viale Morandi.
La struttura, all’interno della quale vivono 36 minori, è stata presa di mira da un’agguerrita minoranza di qualche decina di persone che si è presa la briga di passare ai fatti e di interpretare il senso comune strisciante ormai da tempo anche da queste parti: «Noi italiani siamo abbandonati, per quelli là invece è tutto garantito». «Quelli là» sono gli stranieri, comunitari ed extracomunitari, senza permesso di soggiorno e richiedenti asilo politico, minorenni e adulti: tutti associati al degrado e al senso di solitudine che si respira tra le circa duemila anime che vivono nelle case popolari con la corte più grande d’Europa. Sono state costruite negli anni Settanta e Ottanta dalle giunte di sinistra e gli spazi destinati ai servizi sociali non sono mai stati utilizzati.
Il giorno prima degli scontri, una giovane donna aveva denunciato il tentativo di stupro ad opera di due uomini riconosciuti come «romeni». Alla grave aggressione era seguito il pestaggio di un minorenne bengalese ad opera di un gruppo di italiani. Poi, un’assemblea in piazza, toni accesi e parole di fuoco. La situazione è degenerata nella notte tra lunedì e martedì, quando un gruppo di incappucciati ha deciso di puntare verso il centro d’accoglienza richiamando in piazza altri cittadini del quartiere. È finita con una carica della polizia, autovetture danneggiate, lancio di sassi e bombe carta. Così, questo spicchio di periferia romana con le vie intitolate ai pittori dell’avanguardia italiana del Novecento, stretta tra il mattatoio e la rimessa degli autobus, le gru dell’ennesima speculazione edilizia da un lato e la grande occupazione multietnica di Metropliz dall’altro, è diventato il crocevia della crisi italiana e della guerra tra poveri che il disagio e gli imprenditori della paura rischiano di scatenare.
Se n’è accorto Matteo Salvini, segretario della Lega che da queste parti prova a prendere piede ormai da qualche tempo, grazie all’alleanza tra l’eurodeputato padano Mario Borghezio e i sedicenti «fascisti del terzo millennio» di CasaPound: «Ho ricevuto molte chiamate da Roma, in molti chiedono la mia presenza e quella della Lega», annuncia Salvini. Che poi promette: «Ci andrò». Ma dopo il 24 novembre, perché prima è impegnato nella campagna elettorale delle regionali dell’Emilia Romagna (Borghezio invece non perde tempo e annuncia per domani la sua presenza nella Capitale). Il leader leghista si produce in distinzioni pelose ma accarezza i pregiudizi razzistoidi: «Ogni violenza va sempre condannata. Ma l’immigrazione incontrollata e il razzismo nei confronti degli italiani, che non hanno alberghi pagati, rischia di alimentare reazioni sbagliate».
L’«albergo pagato» di cui parla Salvini quasi a voler indicare ancora una volta l’obiettivo da colpire è il centro d’accoglienza sotto assedio ora presidiato dai blindati: vi abitano soprattutto ragazzini, minorenni la cui custodia è affidata dalla legge al Comune di Roma. La struttura è nata nel 2011 a seguito dell’«emergenza Nord Africa, per ospitare minori stranieri non accompagnati provenienti per la gran parte dal Bangladesh», spiegano gli operatori. Oggi è un Centro di prima accoglienza per minori e una struttura aderente allo Sprar, il Sistema di protezione per rifugiati finanziato dall’Ue in rispetto ai trattati internazionali sul diritto d’asilo.
Gli xenofobi hanno interesse a far circolare la psicosi dell’«invasione» e dell’Italia terra di bengodi per i migranti, ma gli ospiti in tutto il territorio romano sono solo 2600 e troppo spesso vivono in posti tutt’altro che confortevoli e con poca possibilità di spostarsi. «La verità – riflette a testa bassa un operatore – è che i centri rischiano di diventare ghetti e di cadere nella spirale del degrado dei quartieri che li ospitano, come accade a volte per i campi nomadi».
Il rischio che la fiammata di Tor Sapienza attecchisca in altri quartieri abbandonati al degrado è concreto. La scintilla d’innesco arriva da Corcolle, quartiere che si trova da questo lato della metropoli ma ancora più in periferia, al di là del Grande raccordo anulare: da quelle parti solo poche settimane fa sono scesi in strada contro la presenza dei migranti, degenerando in una vera “caccia al nero”. La guerra tra poveri, insomma, si è già mossa dalla cintura esterna della città verso la periferia meno estrema.
Ora potrebbe arrivare nel cuore della città. Il 15 novembre, un corteo di «comitati contro il degrado e per la sicurezza» partirà dall’Esquilino per arrivare fino al Campidoglio, per quello che viene annunciato con enfasi come «il giorno della marcia della ribellione dei rioni e dei quartieri di Roma» contro «campi rom» e «immigrazione incontrollata». Ci saranno, ad esempio, quelli di Ponte di Nona, che già da qualche mese hanno dato vita al «Centro azioni operative», una specie di ronda che si prefigge obiettivi come quello di vigilare «contro il pericolo proveniente dal vicino campo Rom di via Salone». Molti di quelli che l’altra notte hanno manifestato a Tor Sapienza utilizzano la protesta contro i migranti di Corcolle a mo’ di esempio: «C’è poco da fare: se non ti muovi come hanno fatto loro, non ti ascoltano».
12 Nov, 2014
Perchè non alzarsi durante il minuto di silenzio per Nassiriya non c’entra niente con la pace
Il gesto provocatorio del consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle Davide Barillari, che non si è alzato in aula durante il minuto di silenzio per i morti di Nassirya, rende evidente ciò che tristemente già sapevamo: Barillari è un analfabeta delle istituzioni.
Se si è in dissenso con un atto istituzionale come quello di ricordare le vittime di una guerra si può prendere e uscire dall’aula, e non ostentare una provocazione che nulla dovrebbe avere a che vedere con certi temi.
Il punto non è alzarsi o meno, il punto è alzarsi con addosso il fardello delle proprie convinzioni. Anche io sono pacifista, anche io da sempre mi batto affinché la diplomazia vinca definitivamente sulle armi, ma il contesto per dimostrare le mie convinzioni non è il minuto di raccoglimento richiesto in un luogo istituzionale chiamato a rappresentare tutti i cittadini.
Esistono parole, gesti, luoghi, contesti diversi in cui esercitare i propri convincimenti e portare avanti le proprie battaglie politiche. Oggi a prevalere doveva essere il rispetto per quei morti, per il dolore e la dignità delle loro famiglie.
Scenate come quella di oggi del consigliere Barillari non fanno bene alla causa della pace, tutt’altro.
Mi associo anch’io alla richiesta di dimissioni avanzata da alcuni miei colleghi di maggioranza. Sulle scuse eventuali del Cinque Stelle ripongo invece, avendo ormai imparato a conoscerlo, poca speranza.
12 Nov, 2014
Perché l’università non è femmina
L’università non è donna. O meglio, nonostante la percentuale sempre più alta di studentesse, solo poche donne proseguono la carriera scientifica e pochissime occupano i vertici.
Simona Regina, La Stampa
11 Nov, 2014
Sciopero generale
11 Nov, 2014
“Giovani, parlatene sì, ma dateci la parola”
Prolifera la narrazione della generazione precaria, senza mai dare realmente voce alle istanze e alle rivendicazioni delle lotte precarie [….] La questione giovanile in Italia non è effetto della crisi, ma rappresenta un problema strutturale del modello sociale, politico ed economico nel nostro paese.
Ludovica Ioppolo, Il Manifesto
10 Nov, 2014
La nuova rete delle cure è un cambio epocale per l’offerta sanitaria
La nuova rete della salute voluta dal Presidente Zingaretti rappresenta un cambio epocale per quanto concerne l’assistenza sanitaria ai cittadini e alle cittadine della nostra regione. Il nuovo sistema salute di Roma Capitale amplia in modo tangibile, in termini di numero di strutture e appropriatezza delle cure, l’offerta per chi si rivolge a una struttura ospedaliera o ambulatoriale pubblica.
Il modello regionale di cure cambia completamente ottica, prevedendo di indirizzare i paziente con patologie croniche in strutture appropriate per questo, permettendo così di allentare la pressione su i Pronto Soccorso.
I diciotto studi di medicina generale previsti dal piano messo a punto da Regione Lazio e Comune di Roma – aperti anche nel weekend – potranno fornire assistenza immediata a tutti quei casi di patologie già consolidate senza entrare in “conflitto d’urgenza” con casi più gravi come ad esempio un incidente stradale o un arresto cardiaco.
Questo sistema – messo a punto dalla Cabina di regia – cambia completamente l’ottica con cui intervenire nella sanità cittadina e regionale, sperimentando modelli diversi e di impatto economico più basso senza per questo diminuire il livello di strutture e prestazioni disponibili per i cittadini che affrontano la malattia. In questa direzione sono state ideate e realizzate le Case della salute, e credo che nelle prossime settimane quando sarà funzionante la prima di queste nel comune di Roma, esattamente a Piazzale degli Eroi, avremmo un’ulteriore conferma della validità e della congruità economica del “sistema sanità Lazio”.
10 Nov, 2014
Natale in Testa
10 Nov, 2014