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Lo sostengo da sempre e sono ben lieta che il sindaco Marino lo abbia reso ufficiale; il linguaggio rappresenta il primo momento per affermare diritti o al contrario sancire discriminazioni. E cosi è stato fino ad oggi con la parola “nomadi” abusata da anni, soprattutto come aggettivo peggiorativo di scellerate decisioni amministrative.

Le comunità che vivono sul nostro territorio comunemente definite “nomadi”, cioè senza dimora stabile, sono in realtà prevalentemente comunità Rom, Sinti e Camminanti stanziali.

Sono convinta che uno dei fattori centrali per il superamento delle discriminazioni sia quello culturale e che, anche attraverso questa apparentemente semplice attenzione terminologica si possa andare nella direzione di vere politiche d’inclusione. In questa direzione come giornalista mi sento di lanciare un appello per l’uso di un linguaggio non discriminatorio anche agli operatori dell’informazione che invocando una necessaria sintesi continuano, perpetrando un errore non solo sintattico, a titolare le notizie con la parola “nomadi”.

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