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27 Giu, 2013

La lunga marcia della memoria. + Terra = + Lavoro + Diritti

Sabato 29 giugno
Roma

Evento di chiusura della parte romana. Dallo Spazio daSud a Ciampacavallo in un viaggio nelle terre pubbliche

17.00 – Lunga marcia in bicicletta
in collaborazione con l’associazione ReBike
Partenza in bici dallo Spazio daSud. Arrivo a Ciampacavallo.

18.30 – Visita dell’area di Ciampacavallo e degli orti urbani dell’associazione Terra! onlus

19:00 – Assemblea: #terrepubbliche per i giovani agricoltori
Presentazione risultati della petizione di Cooperativa Coraggio, daSud e Terra! onlus.
Presentazione del dossier di daSud sulle terre pubbliche.

21.00 – Lunga marcia a Teatro
“Ulisse, un lavoratore stagionale”, di e con Don Pasta

Festa di chiusura con apericena e djset

26 Giu, 2013

A caccia d’elicotteri

Basta volare basso. Libriamoci nello spazio, là dove ronzano le pale dell’onorevole Francesco Boccia, consigliere fidato del primo ministro in carica e presidente della commissione Bilancio. Dialogando su Twitter con una collega di partito che gli imputava simpatie guerrafondaie per gli F35, l’enfant prodige del Pd si è lasciato scappare un segreto di Stato: «Non si tratta di fare la guerra, con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane».

La rivelazione di Boccia ha gettato il Pentagono nel panico. Prima del suo tweet, i generali erano riusciti a tenere nascosta la vera natura dei costosissimi aviogetti. Ma ora, grazie alla «talpa» democratica, sappiamo come stanno effettivamente le cose. Gli F35 non sono cacciabombardieri. Sono elicotteri a forma di cacciabombardiere. Spengono incendi senza neanche gettare l’acqua, solo con lo spostamento d’aria. E trasportano i malati talmente in fretta da stenderli in sala operatoria prima che il chirurgo abbia fatto in tempo a mettersi i guanti e la mascherina.

Con la modestia dei grandi, Boccia ha cercato di minimizzare il suo gesto, affermando di avere tirato in ballo gli elicotteri solo a mo’ di esempio. In un eccesso di generosità ha addirittura attribuito il merito della rivelazione al suo stagista. Troppo tardi. Ricercato come Snowden dalle polizie di mezzo mondo, ora gli toccherà scappare in qualche Paese che non contempli l’estradizione per il reato di figuraccia. Qualcuno ieri sera giurava di averlo visto salire su un F35 che aveva le pale piegate in due dalle risate.

25 Giu, 2013

Il primo no venne dalle donne

Allora ci fu un diffuso sentimento d’indignazione… “Già, e lo sdegno ha accomunato mondi che prima di allora non avevano avuto se non sporadici rapporti. Ci fu il sentimento comune di intollerabilità di quella situazione: le battute, le barzellette, un continuo alludere alla potenza sessuale… a tutto questo si è sommata l’indignazione per l’impunità”.
Leggi l’articolo

24 Giu, 2013

Seconde a chi?

Giovani donne di seconda generazione tra cittadinanza e politica
Giovedì 27 giugno, dalle ore 12.00 alle ore 13.30

Sala “Caduti di Nassirya”,
Senato della Repubblica
Palazzo Madama – Roma    

Melina è una ragazza diciannovenne nata in Italia cui è stata rifiutata la cittadinanza perché è stata in Ecuador (il paese di origine dei suoi genitori) per meno di un anno quando ne aveva quattro. E’ questa una delle ultime delle centinaia di storie, circolate nella rete, di discriminazioni e cittadinanza negata.

A partire dall’ossimoro “lo straniero nato in Italia” – così recita l’art.4 dalla legge in vigore sulla cittadinanza – si può stilare un elenco infinito di paradossi creati dalla legge che (s) regola la vita di un milione di ragazze e ragazzi, figli di genitori stranieri, ma nati e/o cresciuti in Italia, non definibili con la categoria di stranieri né tanto meno di immigrati, ma al contempo non considerati giuridicamente come cittadini italiani.

Ci sono imprenditrici e imprenditori con un percorso scolastico nelle nostre scuole e università che investono nel nostro mercato del lavoro, ma sono senza cittadinanza. Ci sono ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri con permesso di soggiorno regolare che possono ritrovarsi da un momento all’altro in un Cie perché i genitori hanno perso il lavoro. Ma questi stessi giovani sono l’altra Italia, che studia, lavora, crea e arricchisce culturalmente e economicamente il nostro Paese.

Nel marzo di quest’anno un gruppo di giovani di seconda generazione (che ha sostenuto la campagna L’Italia sono anch’io per una proposta di legge di iniziativa popolare per la riforma della cittadinanza: più di 110.000 firme raccolte) lancia una petizione on line, con l’obiettivo di “suonare la sveglia” ai neoeletti. Il risultato? Sedicimila firme in pochi giorni.
Un milione di giovani nati o vissuti in Italia aspetta da anni una nuova legge sulla cittadinanza per avere gli stessi diritti dei cittadini italiani. In particolare, dopo le grandi battaglie del 900 per il diritto al voto, in Italia le giovani donne di origine familiare straniera non possono partecipare alla vita politica perché a loro questo diritto è ancora negato, non avendo la cittadinanza.

E’ proprio questo intreccio di problemi che affronta il progetto Seconde a chi? Giovani donne di seconda generazione tra cittadinanza e politica, che sarà presentato giovedì 27 giugno 2013 ore 12-13.30, sala “Caduti di Nassirya”, Senato della Repubblica, Palazzo Madama, Piazza Madama 11, Roma

Il progetto si inserisce nel progetto europeo “More women in european politics” ed è gestito per l’Italia da Sinistra Ecologia e Libertà, e da una validissime equipe di ricercatrici, composta da donne di seconda generazione e italiane.

Nella conferenza stampa verranno trattate dall’equipe del progetto e dai parlamentari le questioni legislative e politiche in merito alla riforma della cittadinanza e alle discriminazioni in atto, verranno illustrate le azioni del progetto tendenti a valorizzare la ricchezza culturale – testimoniata da più di 40 siti e blog – delle soggettività, delle iniziative e delle lotte per i propri diritti delle giovani donne di origine familiare straniera.

Introducono:
Elettra Deiana, Giorgia Bordoni, Samia Oursana, Rosa Jijion

Partecipano:
i deputati Sergio Boccadutri, Khalid Chaouki, Celeste Costantino, Marco Furfaro, Marisa Nicchi;
le senatrici: Loredana De Petris, Alessia Petraglia
Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti

Abbiamo invitato:
Cécile Kyenge, Ministra per l’integrazione
Josefa Idem, Ministra per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili
Giorgio Sorial, deputato M5S
Mario Marazziti, deputato Scelta civica per l’Italia.

L’invito viene esteso alle associazioni interessate

per informazioni e conferme:
Stefania Vulterini, vulterini@tiscali.it, 347/8419378 ufficio stampa

Isabella Peretti, perettiisabella@hotmail.com, 347/6983202, collaboratrice del progetto

N.B. Agli uomini è richiesto di indossare giacca e cravatta

L’accesso alla sala è consentito fino al raggiungimento della capienza massima
Entro il 26 giugno va compilata la lista dei partecipanti e dei giornalisti per l’accredito: si prega di confermare la propria presenza

24 Giu, 2013

Gli attacchi anonimi non spaventano la democrazia

“Tutta la mia solidarietà e vicinanza va agli iscritti del circolo del Pd e di Sel di via Giannone al Trionfale, che questa
notte hanno subìto un attentato alla loro sede devastata e distrutta dalle
fiamme. Sono certa gli inquirenti sapranno chiarire le dinamiche
dell’accaduto e individuare i responsabili,  che si connotano comunque
appartenenti a quel gruppo di persone vigliacche e vili che con il fuoco
anonimo cercano di attaccare la partecipazione democratica dei cittadini”.

24 Giu, 2013

Non solo uomo e donna

I matrimoni nello stato più popoloso e fortemente simbolico per la tradizione di militanza gay, potrebbero così riprendere nelle prossime settimane. Nel complesso la sentenza della Corte conclude un decennio chiave nel progresso dei diritti gay e sancisce ufficialmente le istanze del movimento. Decine di migliaia di coppie gay potranno ora usufruire delle stesse identitiche garanzie legali federali, compreso presumibilmente il ricongiungimento e la cittadinanza offerta a coniugi stranieri.

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22 Giu, 2013

Tagliati gli sprechi, bene l’azione di riforma di Zingaretti

“Sono stati necessari più di 50 ore di commissione Bilancio, diversi giorni di Aula e un’intera notte no-stop di votazione dei numerosi emendamenti presentati agli articoli della legge 9, ma ora possiamo finalmente affermare che la nostra regione è più virtuosa, trasparente e innovativa. Il testo della legge sul taglio dei costi della politica è stato definitivamente approvato dal Consiglio regionale. Ne siamo orgogliosi.

Il drastico taglio degli sprechi consentirà di liberare risorse importanti che potranno essere utilizzate per migliorare la qualità della vita delle cittadine e dei cittadini, impegnati ogni giorno a fronteggiare una storica crisi economica. Solo attraverso un vero e deciso cambio di passo rispetto al passato è possibile costruire una Regione più vicina alle esigenze delle persone e garantire servizi all’altezza per la nostra comunità, in particolare nel delicato settore della sanità.

Continueremo ad essere al fianco del presidente Zingaretti nell’azione di riforma, con l’obiettivo di rendere l’amministrazione regionale sempre più razionale, efficace ed efficiente”.

Lo dichiara in una nota il consigliere regionale Riccardo Valentini, capogruppo di Per il Lazio.

22 Giu, 2013

Ospedali fuorilegge

L’applicazione della legge 194 non è garantita e in moltissimi ospedali non si eseguono interruzioni volontarie di gravidanza, nonostante non esista la possibilità dell’obiezione di struttura.
L’articolo 9 della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) specifica chiaramente che il servizio debba essere garantito e che ogni struttura sia obbligata a offrirlo. Nonostante questo, moltissime strutture ignorano tale obbligo e a nessuno sembra interessare.

LAIGA – La Laiga è la Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/1978. Il suo intento è di garantire i diritti delle donne e quelli degli operatori della 194. I dati che hanno raccolto sul numero di obiettori di coscienza sono diversi dai numeri ufficiali, presentati dal Ministero della Salute nella relazione annuale sull’applicazione della 194. Sono numeri impressionanti, raccolti tra mille difficoltà e che ci rimandano una fotografia drammatica del fenomeno. Mi faccio raccontare da Anna Pompili, ginecologa della Laiga, quali ostacoli hanno incontrato e che cosa implicano numeri tanto alti.

NON CI SONO I REPARTI IVG – “I dati ufficiali del Ministero sono già drammatici: 7 ginecologi su 10 sono obiettori di coscienza e quindi non garantiscono il servizio IVG. Ma il quadro è ancora più drammatico di così, i numeri sono più alti e in molte strutture manca proprio il reparto di IVG”. Non solo: il primo ostacolo è stato il reperimento. La Laiga ha incontrato mille difficoltà nell’avere una risposta sui numeri degli obiettori in ciascuna struttura, dato ben più utile della generica percentuale regionale se vuoi decidere a quale struttura rivolgerti e calcolare dove il servizio dovrebbe essere garantito meglio. “I dati presentati dalla relazione ministeriale – continua Pompili – non corrispondevano alla nostra sensazione di operatori. Abbiamo allora cercato di capire. Rintracciare i numeri per struttura è stato impossibile. La scusa è stata: si tratta di dati sensibili. Naturalmente non volevamo sapere i nomi degli operatori sanitari, ma soltanto il numero di obiettori in modo da valutare il funzionamento del servizio IVG”. Si tratta di dati sensibili è stata la risposta dell’Istat e quella delle direzioni sanitarie. “Abbiamo chiamato ospedale per ospedale, ma è stato altrettanto inutile”.

LA FORMAZIONE – La Laiga allora ha raccolto i dati con uno sforzo capillare e “ufficioso”. “Chiedendo ai nostri colleghi, uno per uno – mi racconta Pompili. Ecco il risultato. Primo: c’è un dato non considerato dalla relazione parlamentare, ovvero che un gran numero di ospedali sembra ignorare l’esistenza della legge. Nel Lazio, in 10 ospedali su 31 non esiste il servizio IVG. In Lombardia, in 37 su 64. La cosa più grave è che il Sant’Andrea di Roma, per esempio, è un ospedale universitario. Disattende il dettato della legge non solo per l’articolo 9 – e pretendendo l’obiezione di struttura – ma anche l’articolo 15, cioè quello sulla formazione dei giovani medici”. Il Sant’Andrea non insegna cioè ai futuri ginecologi né la legge né la pratica medica. Questo significa che gli specializzandi e i futuri medici non sapranno come ci si comporta di fronte a un aborto, nemmeno agli aborti spontanei. “Si usa una tecnica vecchia invece che l’isterosuzione. Siccome è identificata come tecnica per l’IVG non viene usata, è stigmatizzata anche la procedura medica. E allora si ricorre al raschiamento, che è una modalità più invasiva e aggressiva, e gravata da complicazioni”.

QUALCHE NUMERO – Tra gli ospedali con i numeri più alti di obiettori di coscienza ci sono: OO. Riuniti Borgomanero (Novara), 10 su 11; San Gerardo (Monza), 21 su 23; Ospedale Civile (Como), 18 su 20; Ospedali Civili Riuniti (Venezia), 8 su 10; A.O. Villa Scassi (Genova), 12 su 15; Policlinico Umberto I (Roma), 39 su 40; Università Napoli (Napoli), 57 su 60; Ospedale Fazzi (Lecce), 18 su 21; Ospedale Civile (Cosenza), 15 su 16. Negli Ospedali Civili di Bosa, Ozieri e Businco (Sardegna) il 110% sono obiettori. Nel Lazio alcuni centri pubblici non eseguono l’IVG, come l’Ospedale Civile di Tarquinia e il San Benedetto di Alatri. L’alto numero di obiettori significa allungare i tempi di attesa e complicare l’accesso, soprattutto nelle città piccole, ove spesso c’è una sola struttura. In generale, raggiungerne un’altra richiede tempo e spostamenti che dovrebbero essere una scelta e non un obbligo dettato dalle circostanze.

OBIEZIONE DI STRUTTURA – Il fatto che esista l’obiezione di struttura – non prevista dalla legge – falsa anche il dato sugli obiettori. Spiega Pompili: “un ginecologo che lavora in una struttura dove il reparto IVG non esiste non ha nemmeno bisogno di dichiararsi obiettore di coscienza. Magari non lo sarebbe, ma cambia poco perché il problema proprio non si pone. È una zona d’ombra enorme. Alcune strutture ospedaliere cercano di rispondere alla domanda delle donne prendendo medici esterni a gettone, ma questi medici non possono eseguire le interruzioni tardive (io stessa sono una specialista convenzionata esterna). Esistono situazioni ancora più bizzarre, come a Latina: i ginecologi non obiettori ci sono, ma il primario non vuole che il reparto funzioni, e le IVG non si eseguono”. Questo illumina un altro problema che circonda l’applicazione della 194: le funzioni e le responsabilità dei vertici, che dovrebbero garantire il servizio e che a volte non fanno che aggravare una situazione già insoddisfacente.

ABORTI TARDIVI – Ovvero le interruzioni di gravidanza dopo i primi 90 giorni per ragioni di salute del feto o della donna, i cosiddetti aborti terapeutici. Per queste IVG lo scenario è ancora più drammatico, sia perché sono interruzioni decise in contesti emotivi dolorosi (dopo avere scoperto una grave patologia fetale, per esempio), sia perché i numeri di medici che li eseguono sono ancora più ridotti. “Il ministro avrebbe il dovere di comunicarci la migrazione delle donne: da provincia e provincia (a Frosinone o a Viterbo non si eseguono e devi andare a Roma), da regione a regione, ma anche extranazionale. Tante donne esasperate dalla situazione in Italia vanno in Spagna, in Francia, in Inghilterra o in Spagna. Non è ammissibile in un paese civile”.

INDAGINI PRENATALI – Alla difficoltà delle interruzioni tardive si aggiunge l’ipocrisia. Tanti medici obiettori eseguono indagini prenatali, nascondendosi dietro alla scusa che le indagini servono solo a conoscere. Letteralmente è vero, ma si vuole conoscere per poter poi esercitare una scelta. Questi medici invece non garantiscono l’eventuale scelta di interrompere una gravidanza. “Consegnano la rispostina e poi lasciano in balia di se stesse queste donne, che stanno già vivendo un’esperienza difficile. Molti di questi medici lavorano in ospedali cattolici – che per statuto non indirizzano nemmeno le donne a medici non obiettori – come il Gemelli o Villa san Pietro”. Aggiungo che le donna che non abortirebbero mai, in genere non fanno alcuna diagnosi prenatale. A che serve sapere? “Mi sembra immorale – commenta Pompili – guadagnare sulla salute degli altri per poi non garantire le scelte”. I medici che consigliano e poi eseguono le indagini prenatali non vogliono sporcarsi le mani con l’IVG.

MOZIONI – Pochi giorni fa in Parlamento sono state presentate ben 9 mozioni sull’applicazione della 194. “Quella presentata da SeL (a firma di Migliore e Nicchi) pone un problema importante: quello del possibile coinvolgimento di alcune strutture private nell’applicazione la legge”. Tra le richieste indirizzate al Governo, infatti, c’è quella di impegnarsi “ad attivarsi, nell’ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare, come prevede la legge, il reale ed efficiente espletamento da parte di tutti gli enti ospedalieri e delle strutture private accreditate, delle procedure e gli interventi di interruzione della gravidanza chirurgica e farmacologica”. Nel Lazio ci sono tantissime strutture private accreditate, che suppliscono alle carenze della sanità pubblica. “Perché succede solo in alcuni settori e non per la 194?”, domanda Pompili.

RU486 – L’ultimo capitolo di questa vicenda riguarda l’aborto farmacologico, la RU486. “Siamo al ridicolo. A parte alcune regioni virtuose – come la Toscana e l’Emilia Romagna – la RU486 non è disponibile. A Roma un solo ospedale offre la possibilità di scelta. Non ci scordiamo che la RU486 è in Italia dal 2009: dopo 4 anni siamo ancora in queste condizioni. È chiaro che sia un problema ideologico. Facilitare l’accesso all’IVG farmacologica significherebbe ridurre le liste di attesa, facilitare il servizio e questo disturba. Si sgonfierebbe il potere dell’obiezione di coscienza usata come arma per impedire e controllare. La scusa ufficiale è bizzarra: le donne sarebbero lasciate da sole. Io non dico che un sistema sia meglio dell’altro, non è questo il mio ruolo. Ma vorrei che la scelta fosse lasciata alle donne e che fosse garantita”.

22 Giu, 2013

Oggi a Palermo il Pride più a sud d’Europa

Sono giorni di festa e di orgoglio, questi del Pride a Palermo. E di insperati passi avanti nella lunga lotta per l’affermazione dei diritti Lgbt. Oggi un caleidoscopio di colori, istanze, musica strariperà nelle strade del capoluogo siciliano, dove si prevede che a sfilare nella grande parata, culmine della manifestazione nazionale, possano essere in centomila.
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